Attualità
Rosanna Femia, la sarta che iniziò da bimba cucendo abiti per le bambole
La sarta racconta la propria storia: «Quei vestitini li conservo ancora oggi, cucire è sempre stata la mia grande passione»
Raccontando le storie, soprattutto quelle d’un tempo, si prova una grande emozione. A maggior ragione quando sono racchiuse nei meandri dei cuori dei protagonisti e, come d’incanto, ecco che si apre il libro dei ricordi: fiumi di parole e frasi prendono forma fino a dare loro una giusta collocazione e donare emozioni anche a chi le legge.
Questa è la storia di una bambina che amava alla follia le bambole. Rosanna Femia, ora cinquantenne, racconta, la sua storia con gli occhi inumiditi dalla commozione: «Avevo circa 7 anni – spiega -, quando tra i sogni di una bambina regnava quello di possedere e vestire le bambole. All’epoca non era cosa da tutti farsene comperare tante dai genitori. Eravamo ben sette figli, quindi papà e mamma non avevano tanti soldi per potermi donare tante bambole, ma quelle poche che possedevo le trattavo come delle reliquie. Le mie attitudini non si fermavano al semplice gioco, bensì cercavo di realizzare per loro dei vestitini. Allora mi armavo di stoffe, ago e filo e poi subito al lavoro nel tentativo di confezionare magliette e gonne. Con una piccola squadretta prendevo le misure. Non era cosa semplice, ma dentro di me sentivo che si faceva sempre più forte la voglia di imparare a cucire».
Finché un giorno qualcosa cambia: «Ricordo come fosse ieri quando mia mamma mi chiese di iscrivermi ad una scuola di cucito. Aveva appena 14 anni. A Gioiosa Jonica in provincia di Reggio Calabria, paese in cui vivevamo, c’era un “atelier” dove le ragazze avevano la possibilità di imparare a cucire. Non navigavamo nell’oro, quindi mia mamma per pagarmi i corsi dovette andare a lavorare. Una volta iniziata la prima fase di studi, l’insegnante disse alla mamma “Rosanna è molto brava, ha tanta passione per il mondo della sartoria, quindi se lei vuole, io le faccio fare tutto il periodo dei corsi (circa 6 anni), senza pagare un solo centesimo, in cambio la ragazza mi aiuta in Atelier”. Mamma ed io accettammo. Quindi al mattino aiutavo la sarta, alle 12 pranzavamo insieme, mentre al pomeriggio si faceva lezione. Alla fine presi il diploma – continua Rosanna -, fu una grande soddisfazione. In tante occasioni confezionavamo gli abiti per poi portarli sulle passerelle. Vinsi medaglie e una targa, sfilavo indossando proprio le nostre creazioni».
Da allora di tempo ne è trascorso tanto, Rosanna si sposò e decise di abbandonare ago e filo per fare la mamma a tempo pieno, ma i suoi ricordi non si affievoliranno mai, e nei cassetti delle sua camera da letto ecco apparire i suoi gioielli: «Conservo ancora le bambole di quand’ero piccola», In effetti sono molto belle, ma l’attenzione si pone soprattutto sui vestitini, dove regnano ancora la passione e i sogni di una bambina, quelli di diventare una brava sarta.
Mauro Pollotti
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