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Pranzo di Natale, i consigli dello chef Valerio Angelino Catella

Ecco un menù che si avvicina il più possibile alla vecchia tradizione italiana

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Pranzo di Natale

Pranzo di Natale, i consigli dello chef Valerio Angelino Catella.

Pranzo di Natale, ecco i consigli dello chef Valerio Angelino Catella

Il recente riconoscimento della cucina italiana come patrimonio Unesco ha innescato un acceso dibattito tanto a livello nazionale quanto internazionale, in particolar modo nel Regno Unito, dove diversi critici si sono schierati contro la decisione del Comitato, che per la prima volta ha inserito all’interno dei beni immateriali dell’umanità una cucina nazionale. La notizia, come prevedibile, è stata accolta nel nostro Paese con gioia; un traguardo importante, senza dubbio, sul quale, però, c’è ancora molta confusione al riguardo. Ad essere stati “premiati” non sono infatti i piatti tipici della tradizione italiana, ma il modello che unisce comunità, legami con il territorio, stagionalità e convivialità, come ci spiega anche lo chef biellese Valerio Angelino Catella: «In base alle dichiarazioni che abbiamo letto questa settimana, anche da fonti molto autorevoli e quindi firme del giornalismo o della comunicazione di settore, nessuno sembra aver capito di cosa si tratti. Hanno tutti parlato di un riconoscimento che va a tutelare la cucina italiana, ma di fatto non è così, perché non si parla di piatti, di ricette o di specialità, si parla dell’identità immateriale, della filosofia legata al mondo della tavola, del modo in cui gli italiani gestiscono il momento del pasto, della chiacchiera, della condivisione; l’80% di quello di cui parlano gli italiani è cibo e si muovono in funzione del cibo, anche quando viaggiano.
Tavola vuol dire ospitalità, vuol dire cultura, vuol dire anche economia, ma l’economia è funzionale ai prodotti».

Catella è da sempre immerso nel mondo della cucina; proviene infatti da una famiglia di pasticcieri e albergatori con oltre due secoli di attività e ha fondato nel 2008 “Il ristorante che non c’è”, dedicandosi alla libera professione come chef freelance a chiamata, organizzando eventi, manifestazioni e corsi di cucina e pasticceria, anche a domicilio.
È inoltre docente tecnico-pratico presso alcune delle più prestigiose scuole e centri didattici italiani, nonché consulente e formatore nel settore dell’industria alberghiera.

Ormai a ridosso del 25 dicembre, viene perciò spontaneo domandarsi quali tradizioni legate al Natale siano ancora vive sulle tavole degli italiani, e se ci sia qualcosa che lo rende caratteristico, o meglio, “folkloristico”: «Il pranzo di Natale è di per sé una tradizione, anche se non esclusivamente italiana; nasce da questioni religiose, ma l’Italia ha sviluppato nei secoli tutta una serie di pratiche e tradizioni locali molto diversificate» dichiara lo chef.

«I piatti della tradizione del Natale sono trasversali: il panettone che tutti conosciamo, e che è forse quello più rappresentativo, e i ravioli in brodo della tradizione romagnola ed emiliana – se non sono i ravioli sono i cappelletti o gli agnolini – che non mancavano mai. Oggi la tradizione si è un po’ persa: fino a trentacinque anni fa il Natale era vissuto in casa e in famiglia; ecco che lì erano vive delle tradizioni acquisite dalla mamma e dalla nonna e trasmesse alla generazione successiva. Oggi si va perlopiù al ristorante o ci si affida al servizio catering o di gastronomia. Nei menù ci si distanzia sempre di più dalla tradizione; la tendenza è quella di perdere quelle che erano considerate delle tradizioni e che in origine erano novità. È molto difficile riuscire a definire in modo univoco la parola “tradizione” in questo ambito. La cucina è in continua evoluzione. Qualcosa diventa tipico quando si sedimenta nella memoria e nel gusto della collettività».

Dovendo pensare a un menù che rispecchi o che perlomeno si avvicini il più possibile alla vecchia tradizione italiana, lo chef Catella propone: cocktail di gamberi in salsa rosa in apertura, seguiti da salmone affumicato con burro di malga e crostini tiepidi, cornetti di insalata russa in bellavista e antipasti caldi della tradizione piemontese. Come primo ravioli di brasato nel brodo di cappone allo sherry; secondo di carne con galantina di pollanca al forno farcita di castagne e frutta secca con contorno di purea e carciofi alla giudia. Chiudono il Monte Bianco di castagne con le violette candite, un irish coffee e una fetta di panettone “Selezione speciale” servito tiepido con crema inglese alla vaniglia selvatica del Madagascar.

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