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«Spero che Biella ritrovi la magia di qualche anno fa»
BIELLA – «Mi auguro che a Biella si possa ricreare quella magia che c’era solamente cinque-sei stagioni fa».
Pensieri e parole di Luca Infante, ancora oggi idolo dei tifosi di Pallacanestro Biella.
Il 38enne lungo di Nocera Inferiore è arrivato all’ombra del Mucrone nell’estate del 2013, all’indomani della retrocessione dalla serie A, dopo un lungo girovagare per l’Italia che lo ha potato anche a vestire la maglia azzurra della nazionale. Ha saputo subito diventare un punto di riferimento dentro e fuori nell’ambiente rossoblù, classico giocatore il cui apporto all’interno del roster non può e non deve essere valutato attraverso le statistiche, vincendo la Coppa Italia 2014 nell’ormai storica Final Six di Rimini e guidando la squadra da capitano nell’avventura in EuroChallenge dell’anno successivo. Dopo tre anni l’addio e il passaggio a Piacenza, poi Roma sponda Eurobasket e il ritorno nella massima serie con Reggio Emilia per qualche mese prima di tornare in A2 con Mantova, che lo confermato anche per questa stagione.
Proprio con gli Stings domenica prossima affronterà l’Edilnol, la sua ex squadra, che oggi sta affrontando un momento particolarmente difficile. Otto sconfitte in campionato, le ultime cinque consecutive, nonostante sabato a Codogno contro l’Assigeco i rossoblù abbiano mostrato timidi segnali di ripresa.
Buongiorno, innanzitutto come va a Mantova?
«Mi trovo davvero bene. La squadra è stata costruita al meglio, seguendo criteri precisi, e vogliamo crescere. La società è seria, prove ne è il budget, per il quale, visto il momento difficile, non è stato fatto il classico “passo più lungo della gamba”».
Quali sono gli obiettivi stagionali della tua squadra? E i tuoi?
«Non ho problemi fisici, sono il cambio del lungo americano e parto dalla panchina, un ruolo che mi soddisfa. Inoltre sto studiano per diventare in futuro manager sportivo e da otto anni sono membro della Giba. Sto pianificando il domani, però fino a quando starò sul parquet ragionerò da giocatore. Mi ritaglio il giusto spazio, cercando di aiutare i compagni più giovani e di dare una mano alla squadra. Mi sto togliendo delle belle soddisfazioni. A livello di squadra, siamo partiti bene in Supercoppa, poi abbiamo quasi tutti preso il Covid, me compreso, e stiamo stati fermi tre settimane, di fatto un’eternità. Riprendere è stata dura, abbiamo dovuto rifare la preparazione in cinque giorni e abbiamo iniziato il campionato con tre sconfitte consecutive, poi sono arrivate altrettante vittorie, mentre ora siamo reduci dai ko con Torino e Tortona, mio avviso le più attrezzate del girone. Il nostro obiettivo è quello di raggiungere quanto prima la salvezza e poi puntare a qualificarci per i play-off, i mezzi ci sono».
Domenica affronterai Biella da avversario…
«Sono molto legato a Biella. Sinceramente mi sarebbe piaciuto rimanere in rossoblù, perché avevo creato reti importanti a livello emotivo e professionale con pubblico, società e squadra. Sono ancora molto legato a tante persone, come Francesco Montoro, Franco Di Leo, la famiglia Angelico, Poppi e Roberto Marocco, lo stesso Marco Laganà. E poi, è inutile negarlo, abbiamo fatto la storia di Pallacanestro Biella: sull’unico trofeo in bacheca c’è scritto anche il mio nome».
Biella sta attraversando un momento particolarmente difficile, che idea ti sei fatto della situazione?
«La scorsa estate, quando era a rischio la sopravvivenza del club, mi piangeva il cuore. Una società come Pallacanestro Biella non può scomparire, da quando sono professionista Biella c’è sempre stata. Sarebbe bello si ricreasse il clima che si respirava qualche tempo fa, sarebbe bello si ritornasse a vivere la magia e l’entusiasmo che solo il Forum sa regalare».
Qual è il ricordo più bello dei tuoi tre anni a Biella?
«Sono due. In primis dico la vittoria della Coppa Italia, momenti bellissimi ed emozionanti. Eravamo un gruppo che era veramente una famiglia, mai un litigio tra di noi, guidati da Fabio Corbani, Francesco Viola e Andrea Monciatti. L’altro è legato al mio arrivo a Biella: l’accoglienza di Gabriele Fioretti, ci siamo salutati con un abbraccio dopo che in precedenza ci eravamo visti soltanto da avversari. Ero molto legato a Gabriele, una figura che manca a Biella tanto a livello professionale quanto a livello umano».
Come hai vissuto questo 2020 caratterizzato dalla pandemia?
«All’inizio avevo paura, ero timoroso, perché a livello mediatico il bombardamento è stato pesante. Il nostro è uno sport di contatto e quindi… E poi anche a livello economico si è perso molto, come Giba abbiamo portato avanti uno studio che ha quantificato le perdite tra il 25 e il 30 per cento. Dopo l’estate invece, quando si è iniziato a parlare di vaccino, ero un po’ più sereno, anche se non è facile. Penso però che bisogna resistere, andare avanti, imparare a convivere e a usare tutte le precauzioni possibili, vale a dire utilizzare la mascherina, lavarsi le mani, fare i tamponi e tutto quanto è in nostro potere per minimizzare le possibilità di contagio».
Tre desideri per il futuro: uno personale, uno per la “tua” Mantova e uno per l’altrettanto “tua” Biella?
«A livello personale vorrei continuare a fare bene e a divertirmi giocando. Poi eventualmente, una volta smesso, trovare la soluzione giusta per quello che sto studiando. Per Mantova mi auguro anche in questo caso di fare bene, che si possa formare un gruppo ancora più compatto e che la squadra possa arrivare il più in alto possibile. Per quanto riguarda Biella, invece, non posso dire che mi auguro vinca questa partita (ride, ndr), ma che da prossima settimana possa tornare a fare bene e, come ho detto, spero che si riesca a ritrovare quella magia che ne ha caratterizzato la storia per tante stagioni. Voglio davvero che Pallacanestro Biella riesca a risolvere i suoi problemi e che tutto torni come una volta».
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