Attualità
«Grazie ai soccorritori che hanno aiutato mia madre»
Era il dieci di novembre quando Antonia Tropeano, 85enne residente a Biella, ha avuto una crisi respiratoria per via del Coronavirus. Attimi di grande paura vissuti nella sua abitazione di via Cavaglià, a Biella, all’interno di quelle mura domestiche in cui è stata accudita fino ad oggi.
A distanza di un mese dall’accaduto la figlia Carmen ricorda così quei drammatici momenti: «Era un martedì mattina quando mia mamma si è sentita male. Abbiamo chiamato subito il 118 e sono arrivate tempestivamente due persone; da quello che ricordo l’infermiere si chiamava Giorgio e la dottoressa Erika. Non sono certa dei loro nomi perché in momenti come quelli la tensione è alta e tutta l’attenzione si sposta sulla persona malata. So solo che queste due persone, oltre a soccorrere mia mamma e a darle l’ossigeno di cui necessitava, hanno tranquillizzato sia lei che me. Grazie al loro modo di fare gentile e amorevole, mi sono sentita in mani sicure. Ora mia mamma sta meglio, possiamo quasi dire di avere sconfitto questo nemico invisibile. Ma non dimenticherò mai l’umanità, la professionalità e la sensibilità di questi due angeli della Croce Rossa. Posso solo rivolgere a loro i miei più sentiti ringraziamenti».
Spesso immortalati mentre vivono momenti di riposo tra un turno massacrante e l’altro, imbracati costantemente con dispositivi di protezione che lasciano segni evidenti sulla pelle e celati sull’anima. Negli ultimi mesi queste istantanee sono state la prova tangibile del lavoro di chi lotta in prima linea contro il Covid-19. La crisi sanitaria che stiamo vivendo ha inciso pesantemente sul volume e sulla qualità del lavoro: oggi più che mai, ciò che viene richiesto a coloro che svolgono questa professione non è solo competenza e prontezza, ma anche sostegno emotivo, rassicurazione e parole di conforto. L’atteggiamento empatico dei professionisti sanitari raffigura un’importante condizione che produce un effetto positivo sulla compliance e sulla qualità di vita dei pazienti. È per questo motivo che, quando ci si trova davanti a persone come Erika e Giorgio, si ha la sensazione di non essere mai abbastanza riconoscenti. Come diceva Ippocrate: «Alcuni pazienti, sebbene consapevoli della serietà delle loro condizioni, recuperano la propria salute attraverso il rallegrarsi della bravura del medico»; e in questo processo non va sottovalutata la forza di un sorriso, un tocco, un orecchio in ascolto, una parola gentile o il più piccolo atto di cura, poiché tutto ciò rappresenta il prezioso potenziale per trasformare una vita umana e rendere il mondo un posto un po’ migliore.
Sofia Parola
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