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Pausa Caffè

Proteggere i figli non significa non educarli

Pausa Caffè di Giorgio Pezzana

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Bollettino di guerra del fine settimana a Biella. Intanto la notizia della scarcerazione del marito dell’influencer Siu, italo-marocchina residente a Chiavazza, appena uscita dal coma, che sta scatenando polemiche a livello nazionale

BIELLA – Alla scuola media “San Francesco” di Biella, una studentessa mostra minacciosamente un coltello all’insegnante ed alla preside che vogliono impedirle l’uso del cellulare in classe; in una scuola primaria di Oristano, un’insegnante viene sospesa per avere fatto recitare l’Ave Maria ai suoi scolari, sollevando un caso nazionale.

Sono due facce inquietanti della stessa medaglia che pongono fortemente in evidenza, quale comun denominatore, il ruolo delle famiglie. Una ragazzina di quattordici anni esce di casa per recarsi a scuola e nello zainetto reca un coltello. Perché? Da chi e da cosa deve difendersi?

Naturalmente sono già scesi in campo psicologi e rappresentanti del mondo della scuola, ciascuno dicendo la sua ma, soprattutto, ciascuno difendendo la propria categoria. Comprensibile, ma sta di fatto che un’adolescente si è recata a scuola portando con sé un oggetto potenzialmente atto ad offendere. Perché? E pare lo abbia usato in risposta ad un diniego, quello di usare il cellulare che, dal mio punto di vista, in un’aula scolastica, neppure ci dovrebbe entrare.

La maestra di Oristano invece è stata sospesa in seguito alla denuncia delle madri di due allievi. Perché? Quelle due signore, probabilmente sino a quel momento impegnate nello shopping e nell’ondulare le chiappe al cospetto del maestro di pilates, venute a conoscenza del fatto che nella scuola frequentata dalle loro figlie un’incauta maestra aveva fatto ciò che un tempo era prassi comune, cioè la recita di una preghiera, hanno letto in quel gesto chissà quale attentato alla libertà.

Quando andavo a scuola, nella mia stessa classe, vi era un ragazzino turco di religione islamica il quale, quando in classe entrava il sacerdote per l’ora di religione, semplicemente usciva. Oggi molte famiglie sentono il bisogno di proteggere i loro figli al di là di ogni ragione, mettendo in discussione ogni autorità che possa in qualche modo assumere un ruolo educativo.

E così, una ragazzina può uscire di casa senza che nessuno si avveda che reca con sé un coltello e due madri possono fare sospendere un’insegnante colpevole di avere fatto recitare una preghiera nella classe delle loro figlie. A farla da padrona è, in entrambi i casi, l’assenza: l’assenza di controllo sul comportamento di un’adolescente e l’assenza di senso della misura nell’invocare provvedimenti drastici in presenza di un peccato che, se c’è, è veniale. E così, nel basso Frusinate, un gruppo di ragazzini inveisce e bestemmia al passaggio della Via Crucis nella giornata del Venerdì Santo. E l’assenza educativa assume i contorni di una voragine senza fine.

 

Giorgio Pezzana

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4 Commenti

1 Commento

  1. Ardmando

    13 Aprile 2023 at 8:29

    E’ il concetto di dare per assodato che nella scuola pubblica si possa o si debba insegnare religione che è profondamente sbagliato e anticostituzionale. Il nostro Stato e tutte le istituzioni ad esso collegate, è laico. La scuola pubblica è laica. L’ora di religione è in palese contrasto con questo semplice fatto. Nella scuola privata si può fare quello che si vuole in tal senso, ma nella scuola pubblica no. E’ sempre stato una aberrazione. La maestra non doveva permettersi di fare ciò che ha fatto e le istituzioni l’hanno punita proprio per rispettare la laicità dello Stato. Non ha senso “uscire” durante l’ora di religione, è l’ora di religione che deve uscire dai programmi della scuola pubblica. In quanto al coltello e all’uso dello smartphone, il secondo deve essere bandito dalle ore di lezione, in modo inflessibile. Siamo cresciuti tutti benissimo e senza problemi pur non avendo uno smartphone incollato alle mani, quindi è ora di farli sparire. E per favore è ora di tornare alla cara vecchia scuola, dove insegnanti e presidi erano temuti e rispettati per quello che rappresentavano e il non comportarsi in modo consono e il non avere un buon rendimento, significava andare incontro a punizioni. Un tempo era prassi normale e funzionale che se un alunno prendeva una nota (la nota sul diario o peggio la nota sul registro) ne temeva le conseguenze, in primo luogo da parte dei genitori. E a fine anno si bocciavano i peggiori e il voto in condotta aveva un peso. Oggi si da per scontato che l’insegnante ha torto e che lo studente (come il cliente) ha sempre ragione, quindi automaticamente i genitori sono pronti alla denuncia o all’assalto fisico contro quegli insegnanti che rimproverano l’alunno educato male dagli stessi genitori. Siamo al ridicolo, non solo allo sbando. Una scuola che non funziona più da anni e che sta producendo una generazione di rammolliti che credono che sia loro tutto dovuto, una generazione che si vede bene come sta crescendo e che non rappresenterà il futuro di questo Paese, perchè loro stessi non avranno alcun futuro dopo che si saranno schiantati contro la dura realtà della vita. E’ tempo che la scuola torni ad essere quello che era 20 o 30 anni fa dove andavi avanti per merito e non perchè tutti vengono promossi a prescindere. La vita è dura e la scuola deve preparare ad affrontarla, non diventare un banale rito di passaggio che non fornisce nulla, prima di tutto dal punto di vista comportamentale e civile.

  2. vincenzo candurra

    13 Aprile 2023 at 10:59

    Dire messa a scuola è un conto, un rito, l’ave Maria, un semplice ave Maria senza alcuna costrizione, senza obbligare…..
    sebbene il nostro un paese laico, a me personalmente dimostra che stiamo perdendo il buon senso, oltretutto in un paese il nostro, di chiare e certe origini cristiane.
    Non si capisce perché quando vi siano manifestazioni o si tocchi la cultura cristiana si gridi allo scandalo. Se siamo un paese democratico dobbiamo permettere la la manifestazione religiosa a chiunque, figuriamoci manifestare le nostre origini Cristiane. L’insegnante sospesa come se abbia commesso chissà quale oscenità,mi scandalizza e mi preoccupa. In una società qual’è la nostra multiculturale non si vieta ma si accetta senza prevaricazione.
    Si lo sappiamo che la Legge è stata promulgata bla bla bla, ma questi temi prima di ogni promulgazione dovrebbero coinvolgere l’Intero paese prima di ogni approvazione.
    Detto questo però, non ci scandalizziamo quando ci si
    prodiga a ricorrere al nostro quasi sempre criticato parroco perché la tradizione c’impone di battezzare i nostri figli, nipoti, poi li mandiamo al catechismo ah…allora si, invochiamo e diventiamo a convenienza tutti cristiani. Follia, stupidità e presunzione.
    Detto questo, considero la scuola a proposito dei telefoni cellulari, un baluardo per talune derive dei nostri giovani.
    l’utilizzo del telefonini in classe, denotano irriverenza e mancanza di rispetto verso l’insegnante. Ma si sa’ che il suo utilizzo serve solo per svolgere al meglio il compito in classe per il raggiungimento fraudolento, di un risultato non vero, sleale, quindi va’ condannato.
    I nostri giovani devono comprendere che i risultati a scuola e poi più in là nella vita, si raggiungono onestamente con lo studio e la dedizione e non con l’inganno.
    Questo lo devono capire e subito.

  3. Ardmando

    13 Aprile 2023 at 19:44

    Mi spiace contraddirla Vincenzo, ma il nostro Paese NON ha chiare e certe origini cristiane. La penisola italica ha origini “pagane” e multietniche, che poi durante i secoli sia degenerata nel monoteismo è un altro discorso, ma per cortesia smettiamola con la storia delle “origini cristiane”.
    Lo scandalo c’è sempre, personalmente, quando la religione (qualunque essa sia) si mescola alla politica e alle istituzioni di uno Stato laico. Esiste la chiesa con i suoi luoghi e le sue tradizioni ed esiste lo Stato con i suoi luoghi e le sue regole. Non mescoliamo le due entità perchè non è proprio il caso. La manifestazione e l’insegnamento religiosi, le pratiche religiose, devono essere parte della sfera privata (leggasi “a casa propria”) o nei luoghi di culto. La scuola pubblica NON è un luogo di culto e non ha proprio senso di esistere la cosiddetta “ora di religione” perchè non si tratta di cultura. La religione non ha bisogno di essere insegnata nelle scuole pubbliche (e ribadisco pubbliche) perchè viene già insegnata ai bambini durante il percorso di “cristianizzazione” (se i genitori lo scelgono, io non l’ho scelto perchè non faccio parte di alcuna religione e non ho alcun “sacramento”). Ed è un concetto sociale errato quello della presunta “imposizione” del battesimo: nessuno impone e per fortuna ci sono sempre più genitori che non fanno battezzare i figli. Oltre al fatto che la legge tutela chi decide di rinunciarvi, smettendo di fare parte della chiesa cattolica. Quello che scrive lei a proposito del prodigarsi nel ricorrere al parroco per questo e per quello, riguarda unicamente genitori che seguono di fatto la religione. Ma è una scelta. La scuola pubblica non deve essere parte della scelta, la scuola pubblica deve essere estranea alla religione.
    In merito al resto, ribadisco la necessità di tornare ad una forma più severa ed educativa della scuola, così lontana dal mollume “psico-socio-compatibile” che abbiamo da qualche anno.

  4. vincenzo candurra

    14 Aprile 2023 at 10:59

    Non occorre contraddire, ognuno esprime le sue opinioni, ma sempre nel rispetto delle altre.
    Io per conto mio fermo nei miei principi, continuerò a frequentare la parrocchia dare una mano ai giovani, ed al mio parroco padre Giovanni. La Domenica mi rechero’ in Chiesa mi confessero’ e seguirò la celebrazione dell’eucarestia. Così ho sempre fatto e così farò per quel che mi resta della mia vita da fedele e credente.

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