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Il fantasma della ‘ndrangheta
Il magistrato Roberto Sparagna a Biella racconta l’operazione contro le ‘ndrine. L’inchiesta del 2016 nel Biellese. Su Wikipedia la mappa delle “famiglie”

Il fantasma della ‘ndrangheta. È quasi un monito, un richiamo a non sottovalutare la presenza della criminalità organizzata, della ‘ndrangheta, anche nel Biellese. Come nel resto del Piemonte.
Sabato scorso Roberto Sparagna (foto), sostituto procuratore della Dna – la Direzione nazionale antimafia – ha accolto l’invito di Nomafiebiella e di Domenico Cipolat. E a raccontato quella che è stata l’operazione Minotauro di 14 anni fa dialogando con il magistrato Ruggero Mauro Crupi, a capo della procura biellese.
Il fantasma della ‘ndrangheta
L’incontro ha illustrato l’impatto di quel lavoro portato a termine con l’arresto di 142 persone. Che consentì di togliere il velo di copertura sotto il quale si muovevano i traffici della ‘ndrangheta. Ma anche di tracciare la mappa e individuare connessioni con la politica.
Da quell’operazione Biella rimase ai margini, ma anche un altro nome in codice è stato pronunciato sabato. Quello dell’inchiesta “Alto Piemonte”, nell’ambito della quale le forze dell’ordine scoprirono anche alcune connessioni di casa nostra.
L’operazione fu portata a termine nell’estate del 2016 e portò a una raffica di arresti. Sei dei quali furono eseguiti nel basso Biellese, a Dorzano, dove operava la famiglia Raso. Considerata legata alle ‘ndrine della ‘ndrangheta che opera nella zona tra l’Aspromonte e la Piana di Gioia Tauro.
Per la famiglia di Antonio Raso, capostipite ritenuto boss della ‘ndrina nell’alto Piemonte, fioccarono le condanne a pene detentive fino a 14 anni di reclusione. Si interruppero le attività gestite a Dorzano e nelle zone vicine, tra cui quella di un noto ristorante e di un’autodemolizioni.
Ma quindi è tutto finito?
Difficile crederci. E non ci crede nemmeno Wikipedia che pubblica la mappa delle infiltrazioni di stampo mafioso nella società piemontese. E indica, provincia per provincia anche i nomi delle persone legate alle attività illecite svolte. Aggiungendo, con il sistema dei “pop-up”, le finestre a scomparsa, i rapporti di ogni personaggio con le ‘ndrine.
Difficile stabilire se queste informazioni siano assolutamente attendibili, ma certamente il quadro dipinto è inquietante e per certi versi anche verosimile. Forse sarebbe poco credibile, invece, sostenere che il Biellese è immune alla presenza della malavita organizzata di stampo mafioso.
Troppi sono i segnali, le storie di attività legate a persone già nel mirino degli inquirenti. E si sa… ‘ndrangheta, mafia e camorra non hanno più l’immagine di una trentina di anni fa. Oggi usano altri look. Ma la sostanza criminale è sempre la stessa. Solo più raffinata e subdola. Quindi più pericolosa.
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