Cronaca
Esposto in Procura per la morte di quattro cuccioli di cinghiale
Esposto in Procura per la morte di quattro cuccioli di cinghiale
Alcune associazioni ambientaliste e animaliste della città nei giorni scorsi hanno depositato un esposto alla Procura della Repubblica di Biella per Max, il cucciolo di cinghiale, unico sopravvissuto di cinque, la cui mamma era stata uccisa dai cacciatori a Bioglio. L’episodio risale al 15 marzo scorso quando un cacciatore aveva sparato all’interno di un’area privata contro un cinghiale femmina lasciando così orfani cinque cuccioli. Nelle ore successive, grazie all’intervento degli animalisti, i piccoli erano stati tratto in salvo ma quattro sono successivamente deceduti, lasciando Max quale unico superstite.
Le modalità dell’episodio hanno indotto i responsabili a chiedere alla magistratura l’eventuale inosservanza di normative di legge.
«Come associazioni locali sensibili al tema- spiegano i responsabili di Aspa (Animali solo per Amore), Legambiente Biella, Legami di Cuore, Nata Libera – abbiamo il dovere di non dimenticare la storia di Max: il cucciolo di cinghiale, unico sopravvissuto dei cinque fratellini la cui mamma, subito dopo aver partorito, è stata uccisa».
Se è vero che nella battuta di caccia i piccoli di cinghiale non erano stati colpiti la loro sorte è stata tutt’altro che favorevole. «Nonostante siano stati risparmiati – è la testimonianza degli animalisti biellesi – i cinque piccoli non hanno avuto una sorte migliore: dopo molte ore, sono infatti stati affidati dall’amministrazione provinciale a un’azienda privata, con lo scopo di crescerli per poi destinarli alla macellazione».
Vista la tragica prospettiva su pressione delle associazioni immediatamente mobilitatesi, i cuccioli sono stati successivamente spostati presso un Centro recupero animali selvatici autorizzato dove purtroppo solo uno è sopravvissuto, le cui condizioni peraltro non sono delle migliori: «Non essendosi mai nutrito del latte materno e a causa dello stress patito con l’uccisione della madre, le sue condizioni restano precarie ma ora grazie a Tami, sua sorella adottiva, e alle cure del Rifugio Miletta, potrà forse dimenticare quanto accaduto».
Circostanza quella dell’oblio che non è delle associazioni ambientaliste: «Noi invece non possiamo dimenticare come la vicenda sia stata gestita con grande superficialità: certamente è mancato, oltre che il rispetto per gli animali, anche il buon senso. Chi ha il dovere di gestire la fauna selvatica, deve farlo con perizia e controllo di ogni variabile».
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