Attualità
Uno scivolone che alimenta molti rimpianti
La rubrica “Pausa Caffè” di Giorgio Pezzana
BIELLA – Dunque Biella avrebbe perso quattordici posizioni nella classifica annuale sulla qualità della vita secondo lo studio condotto da Italia Oggi in collaborazione con l’Università La Sapienza di Roma e Cattolica Assicurazioni. Siamo scesi al trentottesimo posto dopo avere alloggiato, lo scorso anno, al ventiquattresimo. Quindi non è bastato essere città creativa Unesco, non è bastato essere Città Alpina e non ci ha aiutati neppure il cinquecentesimo anniversario dell’incoronazione della Madonna di Oropa.
Forse sarebbe l’ora di cominciare a pensare che la qualità della vita di un capoluogo la determina soprattutto la gente che ci vive, ancor prima degli eventi. Eventi che si stanno per altro via via assottigliando e non solo per colpa del Covid. Non è promuovendo mostre dai contenuti incomprensibili ai più o allestendo convegni sbrodolanti di sostenibilità che si rende più vivibile una città. E neppure continuando a ripetere a noi stessi la fortuna di vivere in un territorio a misura d’uomo, con tanta natura intorno.
E l’immancabile, succulento, piatto di polenta e cervo. La qualità della vita la fa la gente, con il proprio modo di approcciarsi agli altri, con la capacità di far sapere che esiste e che ha piacere che altri esistano in questo territorio, con la disponibilità ad accogliere senza lasciarsi invadere, con la personalità alla quale oggi molti biellesi abdicano per sentirsi un po’ milanesi ed un po’ valdostani, quasi come se l’essere biellesi fosse un requisito di cui vergognarsi. E poi, la qualità della vita la fanno i servizi. Ferrovie che funzionano, strade di buona percorribilità, segnaletica stradale puntuale ed eloquente, computer e cellulari che trovano campo e quindi operatività ovunque. E poi i prodotti di eccellenza che non dovremmo conoscere soltanto noi che qui ci viviamo.
Ci fu un tempo in cui dall’Italia e dal mondo giungevano nel Biellese i pellegrini del buon tessuto. Non serviva pubblicità, bastava il passaparola. Ma i tempi sono cambiati e le nuove generazioni cominciano a non comprendere per quale ragione si parli con così tanta insistenza della tradizione tessile biellese, della quale non sanno nulla, perché si sta diradando anche la memoria. Per ciò che Biella sta esprimendo, va bene anche il trentottesimo posto in classifica, dopo un vistoso scivolone. Ma guardando al podio di quella graduatoria scopriamo nell’ordine Parma, Trento e Bolzano. Non sono metropoli, sono città che potrebbero essere alla nostra portata, ma con un paio di marce in più. Quelle che Biella ha perso da tempo.
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