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«Quando andavo allo stadio a vedere il grande Torino»

Gian Luigi Patrito, di 83 anni, ricorda quando è arrivato a Mezzana e la sua grande passione per i piccioni viaggiatori

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MEZZANA MORTIGLIENGO – Prosegue a spasso per il Biellese questo meraviglioso viaggio tra i nostri amati anziani. Su ogni numero del nostro bisettimanale, raccontiamo una nuova storia, sempre diversa. Se anche voi, volete essere intervistati scrivete a direttore@nuovaprovincia.it o contattate la nostra redazione al numero: 015/32383 o ancora telefonate al nostro redattore Mauro Pollotti 346-7936093.

Questa è stata la volta di Gian Luigi Patrito, nato a Torino il 13 ottobre del 1938. Un uomo ancora molto attivo e scherzoso, difatti, alla battuta: «Ma è ancora giovane», lui ha risposto con ironia da vendere: «Si ha ragione, giovanissimo, ne ho compiuti solamente 83 l’altro giorno».

Signor Gian Luigi, ho notato che mi ha detto sono nato a Torino proprio con orgoglio. E’ torinese doc?»

«No. Mio papà Carlo, rappresentante di tessuti era torinese, mentre mia Mamma Giovannina Bocchietto era di Mezzana Mortigliengo. Lavorava in una ditta di Chivasso, dove venivano prodotti fazzoletti. Prima di sposarsi tutti i fine settimana tornava a Mezzana. Io sono il secondogenito, mia sorella si chiama Giuliana ha 91 anni».

Quindi lei vissuto molti anni nel capoluogo piemontese?

«Tantissimi, fino al 2001. Ho tanti bei ricordi della mia infanzia. Con il mio papà andavamo spesso allo stadio Filadelfia per vedere le partite del grande Torino. Ricordo in particolare della partita Torino -Alessandria, dove vincemmo dieci a zero. Il capitano Valentino Mazzola dopo sei reti si avvicinò verso gli spalti e con aria impietosita chiedette ai tifosi se era il caso di chiudere l’incontro, naturalmente rispondemmo tutti di no, allora arrivarono altri quattro goal».

Restando nel tema calcistico, cosa ricorda di quel terribile 5 maggio del 1949, quando l’intera squadra granata perì a Superga?

«Era un giorno piovoso, c’era tanta nebbia. Mio papà mi aveva accompagnato in tram a vedere la piena del Po in corso Vittorio. Ad un certo punto cominciò a diffondersi la voce circa un incidente aereo a Superga. Dopo qualche minuto la conferma. Io in lacrime non volevo crederci».

Durante la Seconda Guerra Mondiale, Torino fu una delle città più bombardate d’Italia. Lei cosa ricorda di quei terribili momenti?

«Il palazzo in cui vivevamo venne distrutto durante un bombardamento. Ricordo che dalla strada vedevo il nostro appartamento oramai inesistente. Era rimasta in piedi solamente una parete sulla quale c’era appeso il telefono. Pensi, proprio davanti ai nostri sguardi attoniti iniziò a squillare. Per fortuna restammo tutti salvi. A quel punto per forza di cose ci trovammo costretti a trasferirci a Mezzana, nella casa dei nonni. Rientrammo poi a Torino appena finito il conflitto. Tornai a scuola e frequentai fino a quarto anno di ragioneria».

Iniziò così il suo ingresso nel mondo del lavoro

«Si, avevo circa 20 anni. Purtroppo mio papà venne a mancare, così io intrapresi il suo mestiere da rappresentante di tessuti».

Poi arrivò colei che le fece perdere la testa giusto?

«Esatto. Io durante tutti i fine settimana mi recavo a Mezzana. Un giorno in piazza conobbi una bella ragazza che si chiamava Giovanna Panizza. Ci piacemmo a vicenda e dopo un lungo fidanzamento durato ben 12 anni ci sposammo. Lei venne a vivere a Torino, dove restammo fino a 20 anni fa, momento in cui andammo in pensione. Dalla nostra unione nacque l’unico figlio Paolo, fa il giornalista come lei. Mia moglie purtroppo è venuta a mancare sei anni fa».

Mi risulta che tra le tante passioni che da sempre nutre, ne conserva nel cuore una in particolare…

«Si, quella per i colombi. Nacque per via di mia mamma che era molto amica delle Suore Carmelitane Scalze di Moncalieri. di tanto in tanto andava a trovarle e mi portava con sé. Loro sapevano che amavo tanto gli animali. Un giorno, mi fecero trovare un cestino addobbato con due bellissimi colombe bianche. Da quel momento nacque in me questa grande passione. Nel corso degli anni a Mezzana creai un vero e proprio allevamento di colombi viaggiatori. Pensi che nel 1989 “paolina” una delle mie colombe preferite vinse la medaglia d’oro alle Olimpiadi colombofile di Katowice in Polonia. Questa mia passione andò avanti fino al 2016».

Come trascorre le sue giornate?

«Dico la verità: annoiandomi. Fino a quando avevo i colombi ero molto occupato, ora invece non avendo più questo impegno come già detto mi annoio. Cerco di svagarmi, vado spesso a Graglia, alla Bossola, poi vengo a casa, faccio quelle poche cose e guardo la televisione. Ho la signora delle pulizie che ogni tanto mi porta il giornale. Cosa vuole, il tempo passa ma lei all’inizio dell’intervista (dice ironicamente Ndr), mi ha detto che sono giovane. Bene, questo mi rincuora».

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