Attualità
Speriamo in bene, speriamo in meglio
BIELLA – La situazione che stiamo vivendo a stento comporta almeno un paio di vantaggi. Il primo, che a fare il solito bilancio giornalistico di fine anno sul meglio e il peggio dell’anno trascorso, possiamo più tranquillamente che in passato rinviare le riflessioni sul meglio all’anno che verrà; il secondo, che adoro, è che nessuno ci chiederà cosa faremo a Capodanno.
Di quest’anno c’è ben poco da dire che non sia un dramma: dai morti che ci siamo lasciati dietro senza nemmeno salutarli alla farsa amministrativa a cui siamo costretti ad assistere, a ogni livello e ogni giorno.
Non ci sono dubbi sul fatto che sia quel che ci meritiamo, e se qualcuno proprio li ha, si faccia un esame di coscienza lungo qualche anno. La schizofrenica filosofia del colpo al cerchio e anche alla botte, saltando il sano principio di alternanza, ha contagiato ogni carica istituzionale.
Della nostra amministrazione cittadina è difficile fare un elenco del nulla espresso in questo anno, costretta come è stata ad affrontare l’imponderabile e non l’ordinario con cui si trova decisamente più a suo agio. Fatta salva l’indomita e ridicola battaglia condotta nei confronti d’indifese piste ciclabili, già deboli di costituzione, non viene in mente molto. Se non il protagonismo della coppia dell’anno, discreta caricatura di Batman e Robin miscelati geneticamente a Stanlio e Ollio, che scorrazzava in giro per la città ad altoparlanti spiegati per dirci di stare in casa. Salvo poi ritrovarceli proprio sulla porta, a suonarci il campanello con la mascherina in una mano e il cellulare nell’altra per il selfie spontaneo e naturale, ma ormai serializzato, tipico dell’amministratore vicino ai cittadini.
Poi, dopo un’estate passata a pensare d’averla scampata per caso, le esternazioni sindacali in diretta social all’ora del Muppet show hanno replicato quell’attitudine schizofrenica che si diceva, mutuata forse da quella regionale, in comunione e fratellanza, e da quella nazionale, in conflitto e dissenso. Del giochetto dell’album delle regioni tutte da colorare come vuoi, abbiamo già detto. Delle sue contraddizioni, un po’ meno. I dati ci dicono, replicando l’ovvio che fatichiamo così tanto a comprendere, che le zone rosse sono quelle che registrano un maggior impatto di riduzione del danno da contagio. Ma nonostante questo i nostri amministratori si sono battuti per sbiadire quel rosso, almeno fino al giallo. Così almeno siamo andati tutti a Oropa, non a chiedere una grazia come avremmo fatto mesi fa, bensì a scivolare di culo sulla neve fresca dopo esserci incolonnati in auto neanche fosse il ponte di ferragosto.
Per farlo, sindaco e assessori hanno messo insieme sgangherate operazioni di marketing a favor di commercio locale generando un corto circuito che se non ci fosse da piangere ci sarebbe molto da ridere. Non entro certo nel merito, perché nel farlo ci sarà sempre chi rivendica un interesse personale, o almeno di categoria, ma l’emergenza è sanitaria caso mai fosse sfuggito il focus del problema. E, in seconda battuta, ma non per questo meno importante, l’emergenza diventa economica. La pretesa di combatterle entrambe contemporaneamente è una pretesa folle.
Sentire dal proprio sindaco, quasi fosse un capocomico, l’accorata lamentazione del fatto che i centri commerciali siano chiusi nel fine settimana e che questa decisione alimenti l’afflusso in centro città, quando lui stesso ha permesso e promosso un mercatino proprio in centro, lascerebbe quantomeno perplessi. Non fossimo invece così avvezzi al voltafaccismo e all’ambiguità ostentata come fosse un valore dai nostri politici d’ogni ordine e grado.
Ma lui ci vuole bene, e non perde l’occasione di dircelo in faccia in ogni diretta social. Almeno quando non è impegnato a giocare personalmente con le statuine del presepe comunale, come da lui dichiarato via post in piena emergenza seconda ondata Covid, con una media di 700 morti al giorno in quest’Italia campione di indici di mortalità. Perché il problema non è amministrare, ma il consenso per poterlo fare. Un paradosso bastardo, che vede le ambizioni dei “piccoli” seguire l’esempio dei “grandi”: c’è chi stringe tra le mani un rosario in favore di telecamera e chi non sa bene dove mettere i Magi, che certo non portavano in dono ampolle di acqua del Po.
Al di là di tutto ciò, credo che al prossimo giro di terra intorno al sole ci meritiamo qualcosa di buono (esclusi i terrappiattisti dal ragionamento, che non è il loro forte). Questo diluvio universale che ci ha colti di sorpresa nonostante il vaticinio di parecchi profeti in odor di scienza, temo che non ci insegnerà nulla. Ma la speranza è sempre l’ultima a morire. Il Natale e un anno nuovo significano, da sempre, continuare a sperare. Buon Natale e buon anno. E speriamo in qualcosa di meglio: di averlo e di esserlo.
Lele Ghisio
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