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«Qualcuno mi aiuti a superare il lutto dato dalla morte di mio padre»

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È passato un anno esatto dalla scomparsa di Fabrizio Bonardi, morto a 65 anni dopo una lunga battaglia contro la SLA.

Tanti i ricordi che continuano ad affiorare nella mente di coloro che gli hanno voluto bene, e in particolare in quella della figlia Veronica che ha affrontato insieme a lui il percorso terapeutico assistenziale durato dieci anni.

La canzone Easy on me di Adele, a cui entrambi erano molto legati, fa da colonna sonora al film della loro vita, un lungometraggio in cui i momenti di gioia si alternano a quelli di difficoltà, gli stessi che accomunano tanti malati di SLA e i loro caregiver, troppo spesso abbandonati a sé.

«Al malato ci pensa il caregiver, ma al caregiver chi ci pensa?» – si chiede Veronica Bonardi che, a distanza di un anno dalla morte del padre, si sente sempre più sola e fragile. «Chi si fa carico di un famigliare o un amico ammalato – afferma – molto spesso si ammala a sua volta; io sento tutt’ora un disagio ed un malessere profondissimo. Ho provato a chiedere aiuto a diverse associazioni di settore, ma non ho ricevuto alcuna risposta. Manca una rete territoriale di supporto che sia presente sia durante il percorso di malattia che dopo, quando ci sente svuotati e stanchi, quando si deve fare i conti con un fardello pesantissimo di ricordi e sofferenza. Si curano i corpi, ma viene trascurata la parte psicologica, l’anima delle persone».

E mentre nel Biellese continuano i problemi legati all’assistenza domiciliare e al conseguente spostamento continuo dei pazienti malati di SLA, un barlume di speranza si è acceso pochi mesi fa a Torino grazie alla scoperta di una cura da parte del medico Adriano Chiò, uno dei massimi esperti di questa malattia neurodegenerativa.

«Si tratta di un farmaco nuovo – ci spiega Veronica – una soluzione che agisce bloccando la sintesi della proteina alterata, per far progredire più lentamente o in certi casi arrestare la malattia. Il dottor Chiò ha curato anche mio padre, chissà se con questo farmaco avrebbe potuto salvarsi».

Una cosa è certa: lo spirito di Fabrizio Bonardi continua ad essere vivissimo in chi gli ha voluto bene. «La storia di Mihajlovic – ci confida – mi ha ricordato quella di mio padre: nonostante la malattia, anche lui, come l’ex allenatore di calcio, riusciva a regalare a chi lo circondava tanta forza e un sorriso. Ho ancora l’istinto di chiamarlo per raccontargli e condividere con lui la mia vita. Continuo a parargli, ma in modo diverso».

Con un diploma di OSS e molta esperienza alle spalle, la figlia Veronica Bonardi vorrebbe rimettere al servizio della comunità le sue competenze e la sua sensibilità. «Devo riprendere in mano la mia vita perché sono rimasta ferma a quel giorno di un anno fa. Il mio sogno per il 2023 è quello di riuscire a rimettermi in careggiata, trovando un nuovo lavoro che mi dia degli stimoli e mi aiuti a voltare pagina».

Chiunque volesse/potesse aiutare Veronica può contattarla al seguente numero: 3460957798

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