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Michelino Lafirenze: «Feci un bel gol alla Juventus»

Continua l’affascinante viaggio fra gli anziani della nostra provincia. Scriveteci per raccontare anche voi la vostra storia

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Prosegue con notevole soddisfazione il nostro emozionante e meraviglioso viaggio: quello fra gli anziani del Biellese. Ogni numero raccontiamo una nuova storia sempre diversa. Se anche voi volete essere intervistati scrivete a direttore@nuovaprovincia.it o chiamate la redazione al numero: 015.32383 oppure 346-7936093 (Mauro Pollotti).

Questa volta il nostro taccuino si è aperto davanti ad un volto molto noto di Biella come un po’ in tutto il Biellese, soprattutto nel mondo del calcio. Si tratta di Michelino Lafirenze classe 1948. Biellese doc?

«Direi di no – esordisce scherzosamente Michelino -. io sono nato in Puglia, esattamente a Bari. Diciamo che mi sento comunque biellese. Arrivai difatti a Biella con i miei genitori quando avevo solamente cinque mesi. Mia mamma si chiamava Lina, mentre mio papà Nicola. Andammo subito a vivere accanto agli zii a Cossila San Grato».

Dalla Puglia quindi al Piemonte. Fu un viaggio alla ricerca del lavoro?

«No, diciamo che fu un trasferimento deciso per avvicinarci ai parenti che già da tempo vivevano a Biella. Erano tempi duri. Stiamo parlando della fine degli anni ‘40 del secolo scorso. La vita non era semplice. Mia mamma andò a lavorare in una scuola come cuoca. Era molto brava a fare da mangiare, ricordo come fosse oggi il profumo delle sue salse, mentre il papà per un periodo di tempo andò a lavorare come netturbino, poi in seguito entrò a far parte dei sindacati. Eravamo una famiglia numerosa, pensa cinque sorelle, Giacinta, Brunella, Lucia, Rita e Franca che purtroppo è mancata. Poi c’ero io».

Cosa ricordi di quei tempi?

«Dall’età di sei anni fino a dodici avevo vissuto in collegio al Vernato. Tornai a casa con i miei genitori durante gli anni delle scuole medie. Frequentavo la Schiapparelli. Ho dei bei ricordi, andavo molto d’accordo con i miei compagni, al pomeriggio si giocava, insomma, si viveva con poco ma allo stesso tempo c’era tanto amore, sincerità e soprattutto l’amicizia, quella vera».

A che età entrasti a far parte del mondo del lavoro?

«Appena finite le scuole medie, iniziai alla Sacma Angolari dove rimasi per poco tempo. Ricordo che era inverno. I portoni della ditta erano tutti aperti. Io avevo molto freddo, ma non si poteva dire nulla. A quei tempi non ci si poteva lamentare. Bisognava lavorare per dare una mano alla famiglia. Poi entrai alla Cerruti. Avevo 17 anni e rimasi lì fino alla pensione».

Parliamo di calcio. Tutti a Biella ti conoscono Michelino. Raccontaci la tua carriera sportiva.

«Molto volentieri. Avevo 15 anni quando venni ingaggiato nella Valle Cervo. Inizia a giocare subito da titolare perché il presidente mi voleva bene, l’allenatore invece aveva capito che nella rosa potevo essere utile. Avevo anche fatto un provino nella Biellese Calcio ma non andò bene. Dopo due anni e mezzo invece vedendomi giocare si accorsero di me, quindi mi comprarono. Indossai così la maglia bianconera nella Beretti. Poi dal 1971 fino al 77 giocai da titolare in prima squadra. Eravamo in serie C».

Scendevi in campo con molti nomi noti del calcio biellese, nomi che diedero onore alla maglia bianconera.

«Si certo. Francisetti, Zandonà, Mosca, il Tilly, il mitico portiere Sergio Caligaris, Cestari, insomma tutti grandi compagni di squadra e soprattutto amici».

Nel corso di tutta la tua carriera calcistica segnasti tanti goal. Qual è quello che più ti è rimasto tra i tanti ricordi?

«Quello contro la Juventus, tra l’altro la mia squadra del cuore, durante una partita amichevole. Feci una bella rete da fuori area».

Mentre in campionato?

«Non ne ricordo uno in particolare. Ricordo con affetto Silvino Bercellino, ogni passaggio che gli facevo in area era una rete assicurata».

Restando nel tema calcio. Avevi organizzato molti tornei nel Biellese.

«I tornei per me erano una manna dal cielo. Mi piacevano tantissimo. Era più facile vincere che perdere. Chiamavo tanti amici. Era un vero divertimento».

Ora come trascorri le tue giornate?

«Non ho hobby particolari. Giro per Biella, incontro gli amici. Ogni tanto con la vecchia Biellese si va a mangiare fuori. Andiamo spesso a Varallo. Proprio durante queste occasioni si rievocano i vecchi ricordi, quelli di quando si giocava, ed eravamo ancora giovani. Che bei momenti. Per scelta non mi sono mai sposato. Ho vissuto con mia mamma fino all’ultimo dei suoi giorni, ma non sento molto la solitudine, come ti ho detto, sono circondato da tanta gente che mi vuole bene».

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