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«La mia Luigina se n’è andata un mese fa dopo 65 anni, ora il mio cuore continua a battere per lei»

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PRALUNGOI nostri grandi anziani sono persone da amare, ma anche un patrimonio culturale straordinario che non va disperso. Nasce così il meraviglioso viaggio che abbiamo intrapreso nei comuni del Biellese.

Su ogni numero del giornale, mercoledì e sabato, pubblicheremo l’intervista a uno dei personaggi “meno giovani” del paese. Se avete anche voi una bella storia da raccontare scrivete a direttore@nuovaprovincia.it

Oggi parla Enrico Garbaccio, figura storica di Pralungo.

Signor Garbaccio, quando è nato?

«Sono nato il 9 luglio del 1928 da Guido Garbaccio e Stella Fontana. Fra qualche mese sono ben 93 primavere».

Come sono stati gli anni della sua adolescenza?

«Direi belli, anche se erano tempi tanto diversi da quelli che viviamo ora. Non c’era molto, anzi, c’era molto poco. I miei genitori hanno sempre fatto di tutto per darmi ciò che necessitava. Dopo l’avviamento, così venivano chiamati i primi anni di scuola, mi iscrissero al Ginnasio. Feci tre anni per poi entrare all’Itis Q. Sella. Nel mentre facevo pratica nelle aziende».

In che settore ha lavorato?

«Nel tessile. Una volta nei nostri paesi c’erano tante fabbriche, il lavoro non mancava. Ricordo che si aveva la possibilità di uscire da una ditta ed il giorno dopo entrare in un’altra. Nei giovani c’era voglia di fare, l’impegno era costante, si dava tanto per poi ottenere il massimo dei risultati. Ho lavorato per ben 56 anni. Sono sincero, il lavoro mi ha dato tante soddisfazioni».

Quando lei aveva appena 12 anni scoppiò la Seconda Guerra Mondiale. Come visse quei periodi tremendi?

«Come tutti gli altri, con paura e speranza. Per fortuna nella nostra famiglia andò tutto bene, ma mi sono sempre augurato che mai più potesse scoppiare un altro conflitto. Si viveva nel terrore, mi creda, è difficile da spiegare».

Poi finalmente arrivò l’amore…

«Sì. Conobbi una donna meravigliosa. Luigina Pramaggiore. Ci sposammo nel 1955. La nostra fu un’unione a dir poco meravigliosa, interrotta solo un mese fa. La mia Luigina se n’è andata dopo 65 anni, ora il mio cuore continua a battere per lei».

Dalla vostra unione felice nacquero due figlie, giusto?

«Anna e Maria Francesca. Abbiamo trascorso tanti momenti belli mentre altri un po’ meno, d’altra parte come succede in tutte le famiglie. Ma siamo sempre riusciti a superare tutto. I sacrifici sono stati tanti, abbiamo cresciuto due figlie senza fare mancare nulla».

Sono passati molti anni dalla sua infanzia, che cosa le manca di più di quei tempi?

«Le amicizie, l’unione, la fratellanza. Non era come al giorno d’oggi. Gli amici erano inseparabili, tutto si viveva sotto un’ottica diversa. Avevamo poco e nulla, ma eravamo contenti. La serenità e il saper apprezzare ciò che ci veniva dato erano impagabili. Tutto era diverso, la natura, la società, insomma, si viveva bene e in armonia. Quando la famiglia era unita intorno al tavolo pareva di vivere una favola».

Lei ha sempre vissuto a Pralungo. La sua presenza è stata molto importante, soprattutto nel mondo associazionistico.

«Ho fatto parte per oltre 60 anni della banda musicale Juventus Nova. Era una società musicale di azione cattolica. Presi il clarinetto in mano che ero ancora bambino. I miei genitori avevano affittato un appartamento che si trovava al secondo piano della casa parrocchiale, proprio sopra la sede della banda. Con gli altri ragazzi si studiava musica. Ricordo che durante la stagione estiva facevamo le prove nel cortile della parrocchia. A fianco c’era l’orto del parroco don Pietro Migazzo, con tanti alberi da frutto e una mucca. Io tutti i giorni bevevo il latte appena munto. Che bei tempi, se ci penso mi viene il magone. Da allora sono passati circa 80 anni».

Quella banda, che non esiste più, occupa ancora oggi una parte del suo cuore?

«Assolutamente sì. Mi ha dato tanto come io ho dato molto a lei. Ho ricoperto anche la carica da presidente per oltre 30 anni. Mia moglie è stata sempre al mio fianco, anche durante le prove. Abbiamo passato momenti indimenticabili».

Ora come trascorre le sue giornate?

«Leggo e faccio le parole crociate».

Ho saputo che ama anche cucinare, è vero?

«Me la cavo».

Qual è il piatto che le riesce meglio?

«Il risotto. Fino a qualche anno fa confezionavo tante marmellate. A questa passione dedicavo molte ore. Piacevano molto ai miei famigliari e agli amici».

Mauro Pollotti

 

 

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1 Commento

1 Commento

  1. paolo

    8 Marzo 2021 at 14:07

    GRSNDEEEEE

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