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La crisi dei cinema si fa sempre più pesante: «Venerdì in due sale ho venduto 14 biglietti»

I gestori delle sale cittadine e di Candelo denunciano una situazione diventata ormai insostenibile

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BIELLA – E’ di nuovo emergenza cinema, anche nel Biellese. Nelle sale non ci sono nuovi film e quindi il numero di spettatori è in picchiata libera, dappertutto.

«Praticamente se dovessimo guardare ai conti economici, da imprenditore, dovrei chiudere – spiega Arrigo Tomelleri, che insieme alla moglie gestisce le due storiche sale del “Cinema Verdi” a Candelo -. Non basta certo l’affetto degli amici che continuano a venire da noi, per mandare avanti un’azienda. Le colpe? Del Governo e del ministero, che non si sta dimostrando all’altezza, preoccupato di tutto tranne che del destino delle sale e dei loro proprietari. Il problema è presto spiegato: non ci sono film da mostrare agli spettatori perché ritirati dal mercato, oltre a regole rigorosissime da rispettare in materia sanitaria che certo non invogliano le persone a uscire per vedere un film. La conseguenza è che in Francia, nell’ultimo anno o quasi, sono andati nelle sale circa 100 milioni di spettatori, in Italia invece solo 25 milioni. Io ho un saldo di spettatori negativo del 70% rispetto all’anno scorso, che era un “anno Covid”, figuriamoci se faccio poi paragoni con il passato… Venerdì scorso in due sale, ho fatto 14 biglietti venduti. Quanto posso durare, ancora?».

Il problema sono diversi: gli investimenti inadeguati, gli incentivi mancati e soprattutto la concorrenza non regolamentata con le piattaforme che vendono film su Internet, Netflix per esempio, ma non solo.

«Lo Stato dà aiuti concreti e ingenti per le produzioni, ma non fa nulla affinché il prodotto finale vada nelle sale e ci resti per un tempo congruo. Un esempio? Il film “E’ stata la mano di Dio” del regista Paolo Sorrentino, acclamato e candidato agli Oscar, è stato in sala meno di due settimane e poi l’hanno venduto sulle piattaforme Internet – spiega ancora Tomelleri -. Per legge bisognava far aspettare 180 giorni, in passato, grazie a una normativa sensata, oggi scaduta e mai più rinnovata. E così vengono penalizzate le sale cinematografiche, grandi e piccole, che comunque in Piemonte danno lavoro 1700 persone. Manca insomma una vera e propria politica culturale che pensi anche ai cinema e alle tante persone che ci lavorano».

«In giro per il Paese sento colleghi disperati. Molti chiuderanno a breve oppure come avvenuto a Chivasso, non riapriranno più – conclude Tomelleri, presidente dell’Associazione Nazionale Esercenti Cinematografici per il Piemonte -. Serve un aiuto immediato del Governo con normative al passo dei tempi per tutelare le esigenze delle sale, che rappresentano un passaggio fondamentale per la cultura italiana«.

«Il divieto di vendere qualsiasi tipo di genere alimentare rappresenta un ulteriore danno – spiega, in aggiunta, Lanfranco Ceresoli, gestore dei cinema cittadini, dal “Mazzini” all’ “Impero” -. Nei ristoranti e nei bar, le persone possono abbassare la mascherina e mangiare e bere. Da noi invece è vietato. Difficile lavorare in queste condizioni».

 

Paolo La Bua

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