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Copiare bene e meglio

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Alzi la mano chi, a scuola, non ha mai copiato in vita sua. Vi vedo: siete proprio pochi. Tranquilli gli altri, che nemmeno io ho alzato la mano. Ebbene sì, ho copiato e fatto copiare. A volte per necessità, a volte perché le sregole del gioco erano quelle. Ma era pure, quello, un esercizio di abilità e artigianato dell’ingegno: farlo bene o farlo male erano la differenza.

Tempi duri, oggi, quelli dell’internet e dell’algoritmo sovrano che frulla in un motore di ricerca le ricerche, come le chiamavamo allora. Tempi duri, oggi, per chi dev’essere trasparente per dovere istituzionale, soprattutto dopo averla invocata a gran voce tutta questa trasparenza.

Capita quindi, che se passando di fronte a un ministero ti tirano dentro.

E ti fanno ministro, qualcuno abbia del tempo da perdere e scuriosi tra i fatti tuoi del passato e tra i tuoi curricula del presente. E cominci a sfruculiarti su qualche giornalone. Capita.

Capita anche di sbiellare, grazie a questo. Pure se non ne vale la pena. Per difenderti capita che sbiellino, in sovrappiù, anche i tuoi sodali locali dall’indignazione facile. Ora, sull’accanimento di chi ha scuriosato fino a quel punto hanno persino ragione: sembra proprio fuori misura, quest’accanirsi. Ma ne escono come soggetti dalla memoria fragile, di quando invocavano dimissioni dimissioni per un’altra ministra, copiona in quota avversaria. Il manicheismo fa male a chi lo pratica, si sa. O chi la fa l’aspetti, che come luogo comune funziona meglio.

Ora, senza spendermi in un inutile benaltrismo, non è che la cosa m’appassioni, però mi diverte assai. E penso a dove avrò imboscato i miei Bignami, e a quella volta in cui la prof mi accusò di aver copiato, senza averne le prove perché proprio non l’avevo fatto (ah, l’internet e la sua assenza: fa danni anche al contrario).

Che comunque il copiare è ben altra cosa dal millantare. Copiare, se ben fatto, ha a che fare con il genio italiota e tognazziano di “Amici miei”. Mentre millantare è proprio giocare sporco, avvalendosi della più o meno lieve menzogna. Ingenua no, perché non lo è mai. Ed è stato giusto il caso di una ministra precedente. Sempre vessata dal blog dei cinque manichei. O delle aspirazioni politiche di quel benvestito dandy del giornalismo presenzialista che fu smentito, nel suo millantare titoli di studio e partecipazioni allo Zecchino d’oro, pure dal Mago Zurlì. Perché l’alta marea dei motori di ricerca porta spesso a riva la verità, o qualcosa che le somiglia. Facciamocene una ragione, da adesso in poi.

Che dire quindi? Che il “così fan tutti” non funziona, anche se a questo Paese piacerebbe molto e qualcuno, in passato, l’ha usato per difendere l’indifendibile in politica. Che virgolettare quei passaggi, cara ministra, non sarebbe stato male e sarebbe stato, anzi, opportuno. Perché di quell’arrampicata sui vetri, arringa difensiva dispensata in un video su Facebook, comprendo il fatto che si rinneghi il plagio e lo condivido, ma l’unica sua frase degna d’essere ricordata è: «Stiamo veramente parlando di questo?».

 

Lele Ghisio

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