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Cinquant’anni fa Telebiella, un monito che vale ancora

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BIELLA – Mezzo secolo fa, nell’aprile del 1971, nasceva a Biella la prima tv privata italiana. Un evento importante, fondamentale direi, poiché avrebbe completamente rivoluzionato il modo di pensare alla televisione nel nostro Paese. Si chiamava Telebiella e colui che ebbe questa geniale intuizione, si chiama Peppo Sacchi, un regista della Rai oggi ultraottantenne, rimasto a vivere nel Biellese con la moglie Ivana Ramella che gli è “complice” e collaboratrice, come lo è stata in tutta la vicenda che ruppe il monopolio della Rai, spalancando di fatto le porte a quelle che sarebbero state la rete Mediaset e le moltissime altre emittenti minori.

Perché mi sovviene quell’evento? Non certo soltanto per l’imminenza celebrativa di un qualcosa di importante che accadde 50 anni fa. La mente corre a quella vicenda storica, ancora oggi oggetto di dibattiti e tesi di laurea, associandola soprattutto all’indifferenza biellese, quella istituzionale, ma anche quella delle tante, troppe conventicole che, anche in quella circostanza, generarono una sorta di calotta di gelo intorno ad un qualcosa che avrebbe invece potuto e dovuto essere patrimonio di tutta la comunità.

Pagò dazio il caratteraccio di Sacchi, il fatto che in quell’idea non ci fosse nulla di “laniero” ed ancor meno nell’albero genealogico dell’ideatore, fors’anche l’assenza di una qualsivoglia ideologia politica o la distanza da quei salotti un po’ snob ove, allora più di ora, si decidevano le sorti della città. Sta di fatto che mentre tutt’Italia guardava a Biella ed alla figura di Peppo Sacchi come ad un punto di riferimento dal quale fare ripartire un nuovo modo di concepire il servizio televisivo, a Biella, il buon Sacchi ed i suoi collaboratori ed amici (tra i quali, citando a caso, il regista Leandro Castellani, il conduttore Enzo Tortora e il cantautore Bruni Lauzi) si ritrovarono a trasmettere da luoghi angusti, tra mille difficoltà tecniche e logistiche, principalmente riconducibili ad affanni finanziari ed alla totale assenza di quella capacità promozionale che in circostanze come questa avrebbe dovuto mobilitare il territorio.

Anche alla luce di questi fatti, ormai velati dalla polvere di cinque decenni, ho qualche sussulto quando sento parlare di promozione turistica del Biellese o di diversificazione del sistema produttivo, tutte cose che richiedono gioco di squadra, tenacia, coesione, partecipazione. Cioè tutto ciò che ai biellesi mancò ai tempi di Telebiella e che sarà più che mai necessario per provare a ricominciare, dopo la pandemia.

Giorgio Pezzana

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