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Biella

Valeria Roffino dice basta

Intervista all’atleta che ha chiuso una carriera lunga 23 anni

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valeria roffino dice basta

Valeria Roffino dice basta. Due volte campionessa italiana assoluta sui 3mila siepi tra il 2014 e il 2015. 15 titoli nazionali giovanili (almeno uno in ogni categoria) e tre titoli universitari. Con la maglia azzurra dell’Italia ha conquistato la medaglia di bronzo nella classifica a squadre sui 10mila metri nella Coppa Europa del 2015.

Questi sono solo i dati più importanti di un palmares che definire vasto potrebbe sembrare quasi riduttivo.

Stiamo parlando appunto di Valeria Roffino, classe 1990 (ha compiuto 34 anni lo scorso 9 aprile) e specialista di siepi e mezzofondo. Dieci giorni fa ha partecipato all’edizione numero 92 della “Cinque Mulini” a San Vittore Olona, una delle “classiche” del cross italiano. Per la biellese è stata l’ultima gara della carriera, chiusa in 18esima posizione con il crono di 20’11” a poco meno di due minuti dalla vincitrice, l’etiope Yenenesh Shimket (18’35”).

Valeria Roffino dice basta

Roffino ha infatti deciso di appendere le “scarpette al chiodo”, come si suol dire. E’ dunque salita sul terzo gradino del podio. Quel podio che l’aveva vista di bronzo nel 2015, insieme a Nadia Battoccletti, stella azzurra (argento sui 10mila e quarta sui 5mila a Parigi 2024) in una sorta di passaggio di consegne. Due i doni: uno striscione in stile miss che l’ha incoronata “La Regina del Fango” e un barattolo di vetro che un po’ di terriccio come ricordo.

Valeria, che carriera è stata la sua?

Sono assolutamente soddisfatta di come è andata e dei risultati che ho raggiunto. Non sono riuscita a partecipare alle Olimpiadi, ma sono contenta di tutto ciò che in questi anni mi è stato insegnato, di ciò che mi è stato dato. In termini di amicizie ma non solo. E anche l’affetto della gente in queste ultime settimane di una carriera lunga ben 23 anni significa che qualcosa di buono ho lasciato pure io.

Il punto più alto?

Da giovane ho vinto svariati titoli italiani. Risultati che mi hanno permesso di entrare in un gruppo sportivo e di trasformare quella che era una passione in un lavoro vero e proprio. Poi ricordo con affetto il quarto posto agli Europei Juniores sulle 3mila siepi e, da “grande”, l’11esimo posto agli Europei di cross del 2019 a Lisbona.

Quello invece più basso?

Ho avuto molti alti e bassi in carriera. Tra i 20 e i 23 anni ho dovuto fronteggiare numeri problemi fisici che mi hanno impedito di avere la necessaria continuità. E anche nelle ultime stagioni ho fatto più fatica, seppur per motivi differenti. Ma con Clelia Zola, la mia allenatrice, ci siamo sempre date degli obiettivi che ci permettessero di svolgere gli allenamenti al meglio.

Un rimpianto?

Come ho detto, non partecipare alle Olimpiadi è un dispiacere, però non lo definirei un rimpianto. Più semplicemente un sogno che non si è realizzato. Ho sempre messo grande impegno in tutto ciò che ho fatto. Poi io sono piuttosto fatalista: se non sono andata alle Olimpiadi, evidentemente è perché non dovevo andarci. I Giochi sarebbero stati la ciliegina sulla torta.

Quando e come ha maturato la decisione di smettere?

Da un po’ di tempo facevo fatica ad allenarmi, anche i tempi di recupero erano più lunghi. Non tanto l’età anagrafica quanto gli anni di carriera hanno iniziato a farsi sentire. Così tra fine 2023 e inizio 2024 ho deciso. Dopo la gravidanza è stato davvero impegnativo tornare su certi livelli, ho voluto farlo per mia figlia, ma ora è giusto farsi da parte. E, a quasi 35 anni, è giusto anche dare spazio ai giovani.

Cosa ha rappresentato la maglia azzurra?

Un sogno. Il fatto di rappresentare il proprio paese ti permettere di fare qualcosa in più in gara, di andare oltre il 100 per cento. Da capitano della nazionale di cross, ho sempre detto ai più giovani che l’atletica è uno sport individuale, ma quando si indossa la maglia dell’Italia si rappresenta tutti, la famiglia, gli amici, anche quelle persone che hanno lavorato per essere lì e non ci sono riusciti. Si portano con sé tante persone.

Quale è stata la sua rivale più forte?

Nadia Battocletti ovviamente. E correre con lei nella mia ultima gara è stato un onore. Oltre che una campionessa, Nadia è una persona davvero speciale.

E la sua erede?

In molti indicano proprio Nadia, ma io credo che lei abbia già fatto molto di più. E comunque, alle sua spalle, sono molte le ragazze che vanno davvero forte.

Progetti per il futuro?

Non mi sento all’altezza di restare nel mondo dell’atletica, come allenatrice ad esempio. Sono molto affezionata al gruppo che Clelia ha saputo creare e non vorrei perderlo, pertanto potrei senza dubbio darle una mano con i ragazzi. Ma in generale mi faccio da parte e guarderà l’atletica solamente da tifosa. Resto nella Polizia Penitenziaria in una nuova veste e dunque vedremo cosa mi riserverà il futuro.
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