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In attesa della riapertura i ristoratori chiedono di non pagare i dehors

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«Ho circa quaranta dipendenti, tra persone assunte a tempo indeterminato e collaboratori. Oggi siamo ancora chiusi e non so quanto posso resistere. Certo non all’infinito…». Parola di Simone Frezzato, titolare del bar/ristorante “Glamour” in via Gustavo di Valdengo, affianco a via Italia. Un’attività di successo, che però la crisi sta mettendo a durissima prova.

«Come per tutti – insiste il titolare – è un momento molto difficile. Il problema in questo momento è la totale mancanza di certezze. Quando si aprirà? In che condizioni potremo farlo? Perché come imprenditore devo fare delle valutazioni e degli investimenti». E ancora: «Stiamo valutando se offrire il servizio “take away” o di vendere cibo da asporto. Non so se abbia un senso aprire le cucine, coinvolgere del personale per poi vedere poco o niente. Forse è meglio aspettare. I divisori in plastica nei tavoli mi lasciano perplesso. Preferisco mettere tavoli più grandi, che garantiscano le giuste distanze di sicurezza tra i clienti». Anche sui tempi di riapertura, si naviga a vista. «Salute e sicurezza hanno la priorità – insiste Frezzato – ma qualcuno ci deve dare una mano. E penso all’esenzione, per esempio, del pagamento del “dehors”. Sarebbe un gesto importante da parte dell’amministrazione comunale. Speriamo di essere ascoltati dal sindaco».

Sulla stessa lunghezza d’onda anche Benito Possemato, del ristorante/libreria “La Civetta”, al Piazzo, che tanto successo mantiene da diversi anni: «Se almeno potessimo vendere cibo da asporto… Insomma, almeno, si potesse mettere in moto la cucina e lavorare un po’. Mica per fare chissà quali guadagni, ma per uscire da questa situazione che sta dando una mazzata micidiale al commercio. Non mi stupirei se tantissime attività non riaprissero. Colleghi commercianti, o ristoratori, che già prima non navigavano certo nell’oro». E ancora, spiega Possemato: «Chiedo un intervento dell’amministrazione comunale, che invece è completamente assente. Un’idea potrebbe certo essere l’esenzione del pagamento dei “dehors” nei mesi caldi. Già la primavera come stagione noi ce la stiamo bruciando… Barriere di plastica e divisori? Per noi è assurdo. Gli spazi sono già limitati. Però a qualche altro ristorante potrebbe andare bene. Il punto però è la mancanza di chiarezza. L’accavallarsi di mille voci, con altrettante prese di posizione. Intanto noi siamo chiusi con danni ingenti. Noi siamo in cinque a lavorare, ma nelle belle stagioni diventiamo una decina, tra contratti a tempo indeterminato e collaborazioni. Spero che le autorità si mettano una mano sulla coscienza e aiutino il commercio».

Se Atene piange, Sparta non ride… Anche a “Il Patio” di Pollone infatti non tira una bella aria. «Teniamo duro, ma fino a quando? Nessuno pare saperci dare informazioni precise. Un mese? Due mesi? Tre mesi? Quanto deve durare questa chiusura? Se andiamo avanti fino a dicembre, chiudiamo anche noi. E già si sente dire in giro dire nel prossimo autunno ci potrebbero essere nuovi focolai e contagi di massa… Siamo preoccupati, insomma. Molto preoccupati» spiega senza giri di parole Sergio Vineis, del prestigioso ristorante in via Oremo.

«Barriere di plastica? Il nostro ristorante ha spazi ampi, non servirebbero e non mi piacerebbe neanche l’idea… Ma saranno obbligatori? E poi: si potrà aprire a pranzo oppure a cena? Per noi fa differenza, avendo una clientela serale. Per servizi di vendita al dettaglio o da asporto non siamo attrezzati, cucinando pietanze non adatte a questo tipo di commercio, ma capisco che per altri colleghi potrebbe essere una soluzione. Insomma servono aiuti e soprattutto chiarezza. Per noi e per i nostri dipendenti».

Paolo La Bua

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1 Commento

1 Commento

  1. bruno drago

    24 Aprile 2020 at 8:11

    Ma sembra che la politica debba sapere quando finirà la pandemia come è possibile dare risposte forse Frate Indovino

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