BiellaSale & Pepe
Cucina italiana, i meriti a chi la fa
La nuova versione di “Sale & Pepe”, la rubrica curata da Luigi Apicella

La cucina italiana patrimonio mondiale Unesco è una notizia che apre il cuore anche a Biella. Se è vero che il tanto sospirato (e meritato) riconoscimento al nostro made in Italy per eccellenza – la nostra cucina – è avvenuto in India, a Nuova Delhi, è anche vero che è tutta la provincia italiana nel suo insieme, Biella compresa, a gioire di questo risultato.
Dico tutta la provincia italiana non per manie di grandezza, quanto piuttosto per il fatto che la tradizione, il saper fare italiano, la qualità e la cura nella scelta delle materie prime alberga in tutta la penisola. Città che vai cucina (di qualità) che trovi, in tutti i borghi e province nostrane a qualsiasi latitudine, isole comprese, come si usava dire dalle nostre parti sotto il Mucrone qualche anno fa. Pensiamo anche al nostro Biellese, alle nostre eccellenze, dalla birra, ai salumi, ai formaggi, per non parlare del vino e dei tanti angoli nascosti del nostro territorio che meritano una visita, una sosta approfondita, un assaggio nel segno della tradizione, anch’essa fiore all’occhiello di chi si muove nel nostro Paese con la voglia di conoscere e apprezzare territori, bellezze artistiche, cucina di qualità.
La politica al governo oggi celebra – giustamente – con enfasi questo risultato “tutto italiano”, dopo che in molti hanno provato anche a livello di istituzioni e organismi europei a circoscrivere, limitare, la qualità del nostro cibo. Per non parlare poi dei tentativi di contraffazione, di scarse imitazioni che a noi italiani facevano sorridere ma che poi potevano trarre in inganno il consumatore finale disattento, distratto, poco informato. Ecco questo è un altro tema da sottolineare: la qualità ha un costo, va ricercata e non sempre è a buon mercato. Ci sono però anche delle soluzioni intermedie che possono funzionare per tutte le tasche perché se sei abituato a mangiare in un certo modo poi difficilmente torni indietro.
E qui scende in campo la categoria alla quale appartengo, quella dei ristoratori (lungimiranti?) che hanno quotidianamente un duplice difficile compito: garantire ingredienti e materie prime di qualità e fare in modo – con esperienza e conoscenza – che questa qualità ci sia in tutte le fasce di prezzo. Prendete la pizza che è sinonimo di tradizione e made in Italy nel mondo, anche a Nuova Delhi: ebbene la pizza è un piatto che si nutre di qualità e di antica tradizione in ogni sua componente, dalla mozzarella (per me rigorosamente di fiordilatte, senza dimenticare quella di bufala, classica o affumicata e la zizzona di Battipaglia) alla pasta per il lievito, al pomodoro, ai componenti aggiuntivi che sempre più spesso sono sinonimo di km 0, ossia provengono dalle eccellenze del territorio. Un modo per fare “rete” anche in cucina, un modo che unisce tradizioni e sapori della provincia italiana con il saper fare italiano.
Quanti chef stellati con la passione per la cucina ne hanno fatto una vera e propria arte culinaria ereditandola direttamente dalle loro mamme, dalle loro nonne: una scuola di abilità e segreti culinari che non ha pari nel mondo. In questa vigilia di Natale che si avvicina, saremo tutti, una volta di più, protagonisti in cucina, contenti di questo importante riconoscimento e chissà mai con ancora tanta voglia di sperimentare e spadellare nuove ricette nel rispetto della nostra tradizione.
Natale è alle porte, siamo tutti più buoni, tuttavia una cosa la voglio dire: se la nostra cucina è patrimonio mondiale Unesco, questo è, prima di tutto, il frutto dei tanti sacrifici, del lavoro spesso dietro le quinte di chi, tra mille difficoltà e con una concorrenza spietata, ha saputo tenere dritta la barra del proprio lavoro, senza arretrare e senza lasciarsi contaminare dalle mode culinarie del momento. Oggi questo riconoscimento va soprattutto a chi ha mantenuto inalterato il proprio modo di lavorare, con qualità, senza scorciatoie. Che poi oggi certa politica anche locale tessa addirittura le lodi del ministro della sovranità alimentare (e prima come eravamo messi?) per questo riconoscimento fa un po’ sorridere. Della serie, aggiungi un posto a tavola che c’è un ministro in più…”.
Ecco un posto a tavola lo aggiungiamo sempre volentieri, ma i meriti per la cucina italiana vanno a chi la fa da sempre, non a chi si siede solo per mangiare quando tutto è pronto…
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