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Susta e Lavagno: bye bye parlamento

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Susta e Lavagno

Susta e Lavagno. Quella che andremo a raccontare è una piccola storia triste e ha a che fare con il male congenito della politica italiana: il trasformismo. Correva l’anno 2010 e Gianfranco Fini guidava la scissione del PDL che voleva affossare il terzo Governo Berlusconi. L’ex Cavaliere però, per recuperare i voti mancanti del suo ex sodale, fece uno scouting selvaggio tra i deputati e i senatori del centro sinistra convertendo al verbo di Arcore i due noti onorevoli dell’Italia dei Valori: Domenico Scilipoti e Antonio Razzi. Berlusconi, l’anno dopo, cadde comunque inaugurando l’ennesimo governo tecnico con Mario Monti e la sua macelleria sociale decisa dalla troika europea. Il Parlamento non venne sciolto che a naturale scadenza nel 2013 e Razzi e Scilipoti rientrarono in parlamento, questa volta sotto le bandiere di Forza Italia.

Razzi e Scilipoti

Cinque anni dopo – a liste presentate – leggiamo che Razzi non sarà in lista mentre Scilipoti, candidato, ha pochissime possibilità di rielezione per la posizione nella quale è inserito.  I due ex dipietristi però sono solo i più noti cambiacasacca della storia recente; nel nostro territorio, per esempio, come non ricordare Gianluca Susta che in vent’anni è passato dalla DC al PPI passando per “la Margherita”, il PD, “Verso Nord”, Scelta Civica e di nuovo PD. Oppure il deputato piemontese  Fabio Lavagno anche lui, in un ventennio, trasmigrato dal PDS ai DS per poi passare a SD, SEL, LED e infine PD.

I due parlamentari furono folgorati sulla via di Rignano dopo che Renzi portò, nel 2014, il PD al 40% nelle famose elezioni europee. Lavagno (insieme a Gennaro Migliore e altri di SEL) una settimana dopo quel voto uscì dal partito di Vendola per fondare Libertà e Diritti; il tempo per contrattare un po’ di posti nelle commissioni parlamentari e poi accasarsi sugli scranni democratici. Susta (e con lui buona parte dei montiani di Scelta Civica) ci misero solo qualche mese in più, ma il risultato fu analogo.

 

Purtroppo per Lavagno e Susta il 40% di Renzi rimase un unicum e da allora, l’ex Sindaco di Firenze, ha cominciato la sua inarrestabile discesa perdendo, una dopo l’altra, Regionali e amministrative fino alla disfatta referendaria del dicembre 2016. A nulla è servito, a Lavagno, presenziare a tutte le sagre del tartufo del Piemonte o all’ex Sindaco di Biella ricordare, un giorno sì e l’altro pure, che grazie a lui era confluita nel PD l’ex Ministra Stefania Giannini (chissà perché!). Al Narazeno le orecchie sono rimaste tappate.

Gennaro Migliore

Gennaro Migliore ha provato in tutti i modi a salvare il suo pupillo piemontese ma, come per tutti i generali senza esercito, l’ex rifondarolo ha garantito soltanto se stesso e a Lavagno è toccato il quarto posto nel nostro listino proporzionale, cioè fa il riempilista. Stessa sorte era stata prospettata a Susta che – a differenza dell’ex vendoliano – in un sussulto di dignità ha declinato, neanche troppo educatamente, l’offerta.

Quando cominciai a fare politica, a 15 anni, un vecchio comunista – commentando una delle tante scissioni di Rifondazione – mi disse: “ricordati, caro Roberto, chi tradisce una volta, tradirà sempre”. Mi sa che quel vecchio comunista ha sussurrato la stessa frase anche all’orecchio di  Matteo Renzi.

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