BiellaPausa Caffè
Quello studio della Cgia che ci vede tanto felici
Ecco “Pausa Caffè”, la rubrica settimanale di Giorgio Pezzana
Si dovrebbe fare una riflessione sui concetti di felicità e sul “grado di soddisfazione”. Ci pensavo l’altro giorno, leggendo un titolo con il quale si annunciava che, secondo uno studio della Cgia di Mestre, i biellesi sarebbero i lavoratori “più felici” in Piemonte, salvo poi scoprire nel sommario dello stesso articolo che il riferimento riguarda il “grado di soddisfazione” dei dipendenti.
Inizio spiegando che la Cgia di Mestre è un’associazione di artigiani e piccole imprese che da anni conduce studi sul mondo del lavoro ed in ambito sociale a livello nazionale. Studi in realtà sempre molto interessanti ed attendibili, ma questa volta credo che il concetto di felicità espresso dal titolo dell’articolo e quello di “grado di soddisfazione” che si rifà allo studio dell’associazione di Mestre, siano entrambi un po’ avventati. Parto da un presupposto: io, nei miei ormai svariati decenni di vita, un biellese “felice” credo di non averlo mai conosciuto. Forse perché la felicità è un momento fugace che si esaurisce in pochi attimi. Ma alche sul “grado di soddisfazione” dei lavoratori, almeno in questi anni, qualche esitazione l’avrei. Il mugugno i biellesi ce l’hanno nel sangue. Da sempre.
Del resto, non dimentichiamo che prima del boom industriale e quindi prima dell’avvio del processo di industrializzazione del settore tessile, i biellesi si cibavano di castagne, latte e polenta e vivevano grazie all’allevamento di ovini, pochi bovini e di qualche piccolo commercio. Fu nel 1817 che l’imprenditore Pietro Sella, acquistando alcuni macchinari provenienti dal Belgio, ma costruiti dai britannici Cockerill, trasformò la lavorazione della lana da artigianale in industriale.
Da allora ebbe inizio la crescita produttiva biellese nel comparto tessile, che conobbe alterne fortune attraversando anche due conflitti mondiali (che non rendevano felice nessuno) ed esplodendo poi tra gli anni ’50 ed i ’70 facendo la fortuna del territorio, impedendo però, in modo più o meno esplicito, l’insediamento nel Biellese di altri poli produttivi. Dietro le quinte qualcuno sussurra che gli industriali biellesi non vollero mai accettare la presenza di altre unità produttive estranee al comparto tessile poiché le condizioni contrattuali di quegli altri settori erano decisamente migliori rispetto a quelli riservati ai lavoratori tessili. Ciò avrebbe favorito scomodi confronti tra lavoratori, con le conseguenze che avrebbero potuto derivarne. Ma le voci correvano e quindi neppure in quel periodo il “grado di soddisfazione” dei dipendenti biellesi poteva essere elevatissimo. Negli anni ’80 iniziò poi il declino, lento ma progressivo, del comparto tessile biellese, che ridusse drasticamente il numero di aziende sino a quelle attualmente rimaste operanti sul territorio.
Vista questa narrazione (ed il timore, mai del tutto sopito, di tornare alle castagne, al latte ed alla polenta), risulta difficile credere oggi, proprio in un periodo in cui tutt’Italia lamenta salari troppo bassi, che il “grado di soddisfazione” dei lavoratori biellesi sia il più elevato del Piemonte. Cara Cgia di Mestre, mi sa che questa volta hai toppato!
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.Bruno
16 Ottobre 2025 at 16:54
mi sa anche a me ,tra lavoro precario e salari bassi non c è tutta questa felicità a Biella
.arnoldo
16 Ottobre 2025 at 17:27
sempre più musi lunghi a biella dove è tutta questa felicità a Biella sempre più arrabbiati per arrivare a fine mese con tutti i rincari che gli operai siano felici e un sogno da reslizzare
Ardmando
16 Ottobre 2025 at 18:25
Anche qui il solito articoletto fazioso e i soliti commenti del solito individuo dalle molte identità e molti nomi. Il festival circense è servito, come al solito. Sfigati.
Arnoldo
16 Ottobre 2025 at 21:02
quando non sai cosa dire Armando è meglio tacere perché fai la figura dell asino perfetto quante aziende tessili vedi che vanno bene e quante ne riaprono leggi bene l articolo o Pezzana ti piace a giorni alterni
Luigi
16 Ottobre 2025 at 21:29
Ho passato oltre 40 anni a condurre aziende tessili, come si “spremono” I lavoratori a Biella, non succede in nessun altro posto in Italia, la felicità pensano di trovarla andando in pensione, ma l’INPS ci pensa ad spegerli.
steap63
16 Ottobre 2025 at 22:17
Ma lei vive sulla luna? Non mi sembra di percepire molta felicità nel biellese (a parte che ormai di biellesi ne rimangono pochi). Si goda la sua felicità da tuttologo fascista, evidentemente non ha da mantenere una famiglia…..
Ardmando
17 Ottobre 2025 at 8:08
No in effetti nella mia famiglia manteniamo gli altri, ossia autisti e camerieri. Vedi la grossa differenza è che io ho i mezzi per fare quello che voglio.
.Bruno
16 Ottobre 2025 at 20:40
sfigato sei tu ripeto sei un coglione
Ardmando
17 Ottobre 2025 at 8:04
Povero VECCHHIO comunista. Tu sei uno di quelli “spremuti”? Goditi la pensione bruno/arnoldo/gigi/sonio, finchè puoi.
Arnoldo
17 Ottobre 2025 at 9:25
caro Armando tu pensi di fare quello che vuoi ma se un servo del sistema e fai quello che puoi finché potrai goditi la tua ignoranza