Gli Sbiellati
Un ospedale senza infermi
Per non restare inermi, di fronte a un ospedale senza infermi. L’ambizione di Beppe Anderi, Filippo Loro, Roberto Miglietti e Maurizio Pellegrini
Un ospedale senza infermi. Per non restare inermi, di fronte a un ospedale senza infermi. L’ambizione di Beppe Anderi, Filippo Loro, Roberto Miglietti e Maurizio Pellegrini è che il loro lavoro goda del coinvolgimento della cittadinanza
Un ospedale senza infermi
A volte ritornano. Corsi e ricorsi storici. Tra tutte le citazioni possibili di luoghi comuni, per storici o pop che fossero, noi già avevamo scelto una metafora ben più prosaica: la peperonata. Quella che si ripropone invece di lasciarci digerire in pace. Ci sono infatti cose difficili da digerire, anche a livello sociale. Una di queste, che si ripropone spesso pure tra queste righe, è quell’incubo di visione che ci coglie ciclicamente durante l’abbiocco post-peperonata: il monoblocco del vecchio ospedale.
Tranquilli non siamo qui a dire cosa bisogna farne: è uno sterile esercizio che ognuno di noi avrà già avuto modo di praticare. Al bar sotto casa, in famiglia tra una serie tv e l’altra, in modo scomposto sui social, sommando imprecazioni passandoci accanto in auto o a piedi. Siamo qui a dire che, rispetto alla Pasqua di un paio d’anni fa in cui noi sostenevamo che “Interrogarci sulla complessità delle cause, e delle colpe perché no, sarebbe il primo mattone utile per costruire la città del futuro”, qualcuno, adesso, ha deciso di farlo davvero. Ha un po’ sbiellato al contrario, insomma: c’è stato dentro, invece.
Quattro ragazzotti imbiancati
Quattro ragazzotti imbiancati, che tanti anni fa hanno voluto la BiCicletta e ora pedalano con le maglie della VideoAstolfoSullaLuna produzioni (erano infatti tra i fondatori del Biella Cineclub BiCi, sul finire degli anni 80) hanno deciso di farle sul serio le domande sulla complessità delle cause di quel disastro amministrativo. Perché il vecchio Ospedale degli Infermi giace ancora lì, vuoto e inerte, a dieci anni dall’inaugurazione di quello nuovo.
I quattro film-maker scomodano addirittura la Costituzione nel descrivere la pulsione che li ha indotti ad avventurarsi in quest’operazione: “Ogni cittadino ha il dovere di svolgere, secondo le proprie possibilità e la propria scelta, un’attività o una funzione che concorra al progresso materiale e spirituale della società”. E, nel caso loro, le possibilità sono quelle dell’espressione cinematografica: un documentario, quindi.
Una buona dose di ironia
S’intitolerà, con buona dose d’ironia, “L’ospedale senza infermi” e farà il punto della situazione attraverso la modalità dell’inchiesta audiovisiva con materiale d’archivio, riprese e fotografie d’attualità, testimonianze di amministratori Asl, di medici, di infermieri, di giornalisti, di architetti, di storici. Un buon modo per riordinare le idee attorno a quello che loro definiscono: «Una sorta di monumento allo svilimento del bene pubblico».
Perché la storia è proprio questa, di quei 50.000 metri quadri di città lasciati allo sbando. Trascurando inoltre giardini ed edifici di pregio, nascosti all’ombra del monoblocco che tanto assorbe ogni discussione. Edifici nati e donati alla città dalla filantropia locale, in un’epoca in cui ancora non esisteva il sistema sanitario nazionale e che potrebbero tornare nella disponibilità della cittadinanza in qualche modo.
Tocca ai giovani
Com’è possibile, ci si chiede, che nei 30/40 anni di concezione e progettazione del nuovo ospedale non si sia provveduto a un serio ragionamento sulla destinazione di quello in dismissione? Quegli anni sono più di una generazione. Tanto che gli autori si augurano che siano i giovani «a trasformare uno scandaloso inciampo dei padri in un’opportunità per il loro futuro». Dimenticando però che proprio quei padri sono stati a loro volta giovani e allora la situazione si fa più complicata, sulla responsabilità delle nuove generazioni. Vabbè, speriamo in bene. L’occasione sarà buona anche, una volta per tutte, per mettere il naso in casa d’altri e capire se questa è un’anomalia tutta biellese oppure una piaga più vasta, che colpisce anche altre realtà.
L’ambizione di Beppe Anderi, Filippo Loro, Roberto Miglietti e Maurizio Pellegrini è che questo lavoro goda del coinvolgimento della cittadinanza. Quindi, occhio al crowdfunding (la raccolta fondi): da adesso fino al 15 giugno è possibile aderire con un libero contributo a questo progetto collettivo e farlo collegandosi al seguente link: https://sostieni.link/35228.
Per non restare inermi, di fronte a un ospedale senza infermi.
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Ardmando
9 Aprile 2024 at 8:31
La migliore soluzione: raderlo al suolo e togliere quell’orrore edilizio dalla vista. Grosso, brutto, fatiscente, costoso e inutile. Come tanti altri orrori edilizi che macchiano la città, abbandonati da decenni e che sono in fase di demolizione ad opera del tempo e dell’abbandono.