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Gli Sbiellati

Nuova giunta di Biella, partenza per il passato

Gli sbiellati, la rubrica di Lele Ghisio

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Fonzarelli di provincia

Chissà qual è il contrario di “Ritorno al futuro”? Forse potremmo prendere per buono “Partenza per il passato”. Che la nostra città non avesse spiccate attitudini progressiste – in ogni senso, temo – è dato piuttosto per scontato da chi ci è nato e cresciuto dentro. Che ora, in fase di dismissione della Seconda Repubblica, recuperasse reduci della Prima, un po’ meno. Non molto, ma meno.

C’è da chiedersi: tutto qui? Tutta ‘sta montagna, vedete voi di cosa, ha prodotto un topolino, nella più classica delle conseguenze. Come un completo grigio in lana leggera, che l’autunno s’avvicina. Intendiamoci: non che certi reduci della Prima Repubblica siano mai scomparsi dalla scena: per volontà, per decenza o per inerzia. Hanno sempre fischiettato fingendo che lo fossero altri, i reduci. Ma nel frattempo è cambiato il mondo, in qualche modo è persino cambiata la politica. Ma certe convinzioni – o convenzioni – resistono. Arroccate ai club di servizio, alle conversazioni sottotraccia, al laissez faire condizionato. No, non mi riferisco ai poteri forti: quelli sono ben altri. Noi ci sorbiamo solo delle pallide repliche provinciali, come ogni provincia che si rispetti. Non siamo certo un unicum: pensiamo sempre di esserlo ma no, non lo siamo.

Insomma, da quel disastro politico-amministrativo combinato dalla giunta in carica ne usciamo davvero così? Con nessuno che se ne assume le responsabilità, che a volte magari vuol anche dire tornare ai propri hobby preferiti invece che fare l’assessore o il sindaco. Con il ritorno al passato di un ex-candidato sindaco ed ex superassessore del sindaco a seguire? Davvero basta un ottimo commercialista a sistemare le cose? Davvero moriremo democristiani? Siamo degli inguaribili gattopardisti, insofferenti al cambiamento. Anche se è comprensibile non esserne entusiasti, per come si sono messe le cose: questo non è il nuovo che avanza, è ciò che è avanzato del vecchio.

Passate le vacanze in un silenzio buono solo per fare dimenticare in fretta l’accaduto, quell’incredibile mancata partecipazione ai bandi finanziati anche con il Pnrr, si torna per giocare a figurine (ce l’ho ce l’ho, manca!) in tema di assessorati e sì: di poltrone. Non avrei mai pensato di scrivere una simile banalità, quasi fosse frase fatta o luogo comune e spesso lo è, ma è esattamente ciò che accade. I fratellini d’Italia si ripropongono come i peperoni: prima dimettono il loro assessore – in quota parte responsabile del disastro – per poi rivendicarne una rinnovata assunzione. Come fosse tornato vergine all’improvviso, sotto il sole d’agosto. Ma loro sono di mazzo, come si dice.

Pensava di fare dell’ironia, questo giornale, qualche anno fa, quando allegò un mazzo di carte con le facce dei politici locali. Invece no, è davvero così: c’è chi scarta e chi usa l’assessore di briscola. E ora sono loro a decidere qual è, la briscola. La politica è fatta anche di numeri, perché la democrazia su quello è fondata: sul numero dei voti necessari a governare una città, nel nostro caso. Molto meno accettabile che gli stessi numeri seguano la logica puramente spartitoria delle seggiole disponibili.

C’è anche da essere stanchi della retorica che descrive la politica come un’arena in cui trasformarla in “sangue e merda”, sottintendendo che tutto è lecito. A quel paese l’etica, che è roba per idealisti rammolliti. Intanto la città langue, ferma come sempre. Nell’attesa che qualcuno ceda al ricatto, che qualcuno abbassi le pretese, che aumentino gli assessori e il loro costo, che tutto resti come prima, che qualcuno ce la mandi buona.

Che questa giunta di supereroi non fosse adeguata, salvo qualche eccezione, era visibile agli occhi, ma credere che un superassessore sia la soluzione è solo fede cieca. O pura convenienza per alcuni, come al solito. Torniamo indietro di oltre dieci anni, con poche differenze e con molta delusione. Purtroppo il mercato politico è quello che è: l’offerta è misera. Ma sarebbe ingeneroso puntare sempre e solo il dito contro l’inadeguatezza degli eletti, quando a essere inadeguati siamo stati noi elettori. E non abbiamo nemmeno una DeLorean per volare verso il futuro: al massimo una Panda – manco nostra, a dirla tutta – con la quale cappottarci e restare dove siamo.

Lele Ghisio

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