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Biella

La vita è una ruota che gira

Una rubrica per tentare di guardarci allo specchio, e non piacerci

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In questo tempo di carnevali e sanremi, in attesa di scoprire cosa ci riserverà la Quaresima di penitenza, pare giusto dare sfogo a una surreale leggerezza.

D’altronde è proprio lo spazio del surreale, quello in cui si agita la nostrana leggerezza con le sue ironiche contraddizioni. Da queste parti c’è sempre chi, più realista del re, o più sindacalista del sindaco se volete, è sempre così serio da prendersi troppo sul serio. Per ogni cosa, ché ogni argomento diviene afflizione di provincia, pretesto per argomentare senza farlo, con l’ostinazione coatta di farlo comunque a sproposito.

Di questo, in passato, avremmo avuto poco modo di discutere se non attraverso il percepito tra un caffè e l’altro nel bar sotto casa.

La contemporaneità ci presenta invece tutt’altro scenario in termini di diffusione e archiviazione: l’Internet in generale e i social in particolare ribollono di franchezze e malumori e qualche volta, ma meno, di approvazioni. Con la possibilità tecnologica, troppo spesso trascurata dai frequentatori e dai commentatori seriali, di una conservazione pressoché infinita di tutto il materiale verbale generato, nonostante la sua spesso evidente vacuità.

La sensazione, sempre in divenire visto il rapido prodursi del cambiamento, è che vengano così a crearsi due mondi paralleli che si intersecano in modi e tempi ancora poco comprensibili: geniale e precursore fu chi s’inventò le “convergenze parallele”, qui da applicarsi all’analisi sociale più che a quella politica. Quello che sto cercando di dire, con la fatica delle parole, è che ci capita di considerare i social uno spaccato della società – persino etimologicamente – quando forse non è proprio così. Questione di bolle alla fine, di sapone: dare per scontata l’una o l’altra interpretazione, cioè che lo siano o meno, spacciandola per realtà, può non funzionare.

Per questo, solo se si ha del tempo da perdere e una buona disposizione d’animo, può avere un senso leggere la pletora di commentatori seriali che animano le pagine social dei giornali cittadini. Questa settimana mi è capitato di averne di entrambi e mi sono perso dentro al delirio sulla ruota panoramica in Piazza Martiri, io che su un aggeggio del genere non ci salgo da quando la fiera di maggio era ancora al posto dell’Esselunga. Ma non divaghiamo: quel che ho pensato dopo aver indossato questo cilicio digitale, è che Statler e Waldorf facevano molto più ridere (vi avanzo un giro su un motore di ricerca: erano i due sarcastici vecchietti dei Muppets), e lascia stupiti di quanti argomenti a sproposito possa suscitare una banalità come l’avvento di una ruota panoramica in città.

Basta una rapida ricerca per capire che il fenomeno non ce l’abbiamo in esclusiva e si replica grazie all’anima profondamente provinciale del Paese. Peculiare è però il fatto che i gestori della giostra abbiano dovuto intervenire nel dibattito pubblico con un comunicato stampa per chiarire che questa è un’operazione commerciale in cui la Città ha tutto da guadagnare e niente da spendere, per le sue casse comunali. Possiamo magari considerare poco opportuno, e pure un po’ equivoco, che un sindaco e il suo vice si spendano così pomposamente per il taglio del nastro all’inaugurazione, ma si sa che la coppia non resiste di fronte alla possibilità di fare la ruota con selfie e dirette online.

Il fatto curioso è che, in città, appena interviene un elemento estraneo si scatena l’inutile dibattito, il nostro peculiare e ricorrente sanremo quotidiano: la vita è una ruota che gira. È così che una giostra in piazza stimola pure il Pd locale per un comunicato a ruota libera e senza costrutto, purchessia. In tutto questo bailamme è difficile fare una hit parade dello sproloquio collettivo: dai parcheggi non a pagamento occupati (ben 14), quando altre manifestazioni occupano l’intera piazza, alla collocazione centrica, quando poi s’invoca di rivitalizzare proprio il centro; dal panorama offerto dalla posizione, come se chi ci sale non possa girare il collo, al benaltrismo delle priorità; dal prezzo del biglietto all’ardita ipotesi di riciclaggio; dall’accusa che sia una ruota panoramica di distrazione di massa allo spreco di risorse comunali. Fino a chi tira addirittura in ballo il pensiero laterale per proporre di metterla in coppa all’ex ospedale, con puro sprezzo del ridicolo, della fisica e della logistica. La realtà, infine, è quella ben espressa dalla bimba incrociata sotto casa: implorava la nonna di portarla a fare un giro di giostra.

Piccola digressione: fa sorridere che un’amministrazione locale, i cui riferimenti nazionali tanto si spendono contro le “teorie gender”, proponga per il carnevale in piazza di stasera uno spettacolo di drag queens. A quanto pare, a carnevale ogni scherzo vale. Come il resto dell’anno, qui da noi.

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