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Gli Sbiellati

I portici dell’Augusto

Augusto, erede illegittimo di Giulio Cesare, immortale imperatore dei portici di Piazza Vittorio Veneto. Lì, dove la città ha dimenticato d’aver lasciato morire la propria anima, oltre all’Augusto.

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L'auto in giardino. Una settimana di strambi incidenti stradali avvenuti in città e dintorni. Cerchiamo di sorriderci su, non tanto per bullizzare gli sventurati protagonisti quanto per fare riflessioni semiserie sull’andamento sghembo del traffico locale

I portici dell’Augusto. Piazza Vittorio Veneto. Fin dall’inizio quest’amministrazione l’aveva indicata tra i desiderata che potessero significare un cambiamento visibile della città.

I portici dell’Augusto

Piazza Vittorio Veneto. Fin dall’inizio quest’amministrazione l’aveva indicata tra i desiderata che potessero significare un cambiamento visibile della città: qualcosa da mostrare in prospettiva, medaglia da appuntarsi al petto in vista delle prossime elezioni amministrative, orgoglio programmatico da campagna elettorale.

Ci sta, è il comprensibile – a volte pure auspicabile – intento di ogni amministrazione, quello di lasciare traccia di sé. Tra conferenze stampa e rendering del previsto restyling diffusi agli organi d’informazione, gli anni sono scivolati via veloci. Decideranno gli elettori se purtroppo o per fortuna. Ma sono trascorsi così veloci che l’inaugurazione della piazza rinnovata sarà ben dopo le elezioni previste a breve e, secondo i rumor correnti, difficile che sia l’attuale sindaco a farlo; quale giunta, chissà. Incerti del mestiere.

Non è una piazza qualsiasi

Troppo spesso quest’intento amministrativo è speso nel tentativo di cambiare volto alla città, lasciandole l’anima così com’è. Perché quella non è una piazza qualsiasi: è la piazza dove Augusto Festa Bianchet è stato assassinato brutalmente nelle nostre ormai peculiari Idi di marzo del 2002, giorno più giorno meno. Augusto, erede illegittimo di Giulio Cesare, immortale imperatore dei portici di Piazza Vittorio Veneto. Lì, dove la città ha dimenticato d’aver lasciato morire la propria anima, oltre all’Augusto.

Perdonate l’iperbole, ma il tentativo è di andare oltre la retorica da commemorazione, che comunque in questo caso non è mai abbastanza. Se c’è qualcuno da non lasciarsi dimenticare è proprio lui, e quello che gli è accaduto. Poi, si sa, le cifre tonde fanno gola ai celebranti d’ogni rito, con la faccia di circostanza pronta all’uso per poi tornare a dimenticare e inaugurare altri anniversari della memoria.

Una brutta pagina del Biellese

Difatti, due anni fa, in occasione del ventennale da quella ignobile vicenda, pressato in proposito, il sindaco recitò a soggetto una frase di circostanza: «Una brutta pagina per il Biellese. Augusto era una persona che non faceva male a nessuno. A vent’anni da questa tragedia, peraltro irrisolta, come Comune organizzeremo un momento di ricordo». Il tempo coniugato al futuro non lasciava grandi speranze: certo, “faremo”.

Per intanto di quel ricordo istituzionale non c’è traccia e l’Augusto resta un buco nella coscienza civile di questa città. La verità processuale ha già stabilito che non ci sono colpevoli, a parte chi è stato condannato per concorso in omicidio ed è morto prima che il processo giungesse a termine e potesse eventualmente, grazie alla sua testimonianza, fare luce su una verità fin da subito apparsa come controversa.

Un sentore di omertà

Resta l’amaro ricordo del sentore di omertà che fin dai primi momenti aleggiò nell’aria e di quella parte di città indispettita dal clamore e vogliosa di lasciarsi alle spalle la morte di un clochard che, a parer suo, deturpava il paesaggio del centro così come il suo sangue imbrattava il selciato. Restiamo quindi costretti a ricordare, condannati a una memoria orfana di verità. Persino inutile dire che a questo punto, parafrasando De Andrè, “per quanto ci crediamo assolti, siamo per sempre coinvolti”.

A cinque anni dalla sua morte, l’allora amministrazione cittadina pose una lapide in memoriam sotto quei portici, al riparo dei quali l’Augusto dormiva e subì la brutale aggressione. È rimasta sbiadita dal tempo e dall’incuria di ogni amministrazione passata di qua, nonostante quel porticato gli fosse idealmente dedicato.

Questa città deve avere un’anima

Eccoci al dunque: amministrazione di oggi e quella che verrà, non perdete l’occasione di profittare del rinnovamento di Piazza Vittorio Veneto per ricordare a questa città di avere ancora un’anima. Ripulite quella lapide dalla dimenticanza e ridatele la dignità di almeno un ricordo, che quei portici sono ancora quelli dell’Augusto. Non limitatevi a inaugurare l’apparenza, date un segnale di sostanza.

Lele Ghisio

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