Eventi & Cultura
Il tributo di Biella al 53° Reggimento Fanteria
Con lo scioglimento del 53° Battaglione Fanteria d’arresto “Umbria” (Brigata “Gorizia”), avvenuto il 31 marzo 1993, si è chiuso l’ultimo capitolo della storia ultracentenaria di un reparto militare le cui vicende si sono a lungo intrecciate con quelle di Biella.
Con lo scioglimento del 53° Battaglione Fanteria d’arresto “Umbria” (Brigata “Gorizia”), avvenuto il 31 marzo 1993, si è chiuso l’ultimo capitolo della storia ultracentenaria di un reparto militare le cui vicende si sono a lungo intrecciate con quelle di Biella.
Costituito il 16 aprile 1861 e assegnato alla brigata “Umbria”, il 53° Reggimento Fanteria lasciò quattro anni dopo la sua sede originaria per trasferirsi a Pistoia. Nel 1866 fu impegnato nella dura repressione dei moti insurrezionali fomentati dai Borbonici a Palermo, ricevendo per l’opera svolta la prima medaglia d’argento al Valor Militare. Nel 1903, al termine di un lungo girovagare per la penisola (da Palermo a Siracusa, Perugia, Siena; di nuovo a Palermo, poi a Genova, Cagliari, Reggio Emilia, Lecce, Napoli, Verona e Pistoia) fu assegnato a Vercelli, che lasciò nel giugno del 1915 per raggiungere la zona di operazioni nel territorio di Cortina d’Ampezzo; il 53° rimase impegnato sul fronte del monte Piana fino al 1917, schierandosi poi lungo le pendici del monte Canin. Ritiratosi a Montebelluna a seguito dello sfondamento austro-tedesco di Caporetto, il reggimento entrò poi in linea nella regione Grappa-Tomba-Monfenera, partecipando agli scontri in Val Cancino del dicembre 1917. Schierato sul Grappa nell’estate del 1918, non prese tuttavia parte alla fase finale della guerra, essendo stato ritirato dal fronte agli inizi di ottobre e inviato per un turno di riposo a Valdobbiadene e a Farra di Soligno (in provincia di Treviso). Nel settembre 1919 il reggimento fece ritorno a Vercelli. L’anno successivo ricevette l’Ordine Militare di Savoia e nel 1932 il motto araldico “Sento in cuor l’antica Patria”.
Assegnato alla piazza di Ivrea nel 1934, il reggimento fu trasferito cinque anni dopo a Biella: «Trasferimento in vero, curioso almeno, in quanto esso si ridusse all’effettivo trasferimento della sola Bandiera, personale ed impianti del 53° rimasero a Ivrea dove servirono alla costituzione del 64° Fanteria “Cagliari”. Ed è per questo, non solo perché tanti suoi figli servirono sotto quelle insegne, che Biella ha sempre avuto tanto affetto per il 53° Fanteria, perché esso è rinato qui» (“53° Reggimento Fanteria”, in “Biella. Rassegna mensile del Comune e bollettino statistico”, anno I, n.12, 1963). Il reggimento andò infatti ad incorporare un battaglione del 68° Fanteria, già di stanza nel centro laniero, un battaglione dell’87° Fanteria (dislocato a Montevarchi) e ne costituì un terzo a Cossato; nell’agosto del 1939 il reggimento fu rinominato 53° Fanteria “Sforzesca”.
Alla dichiarazione di guerra italiana a Francia e Gran Bretagna seguì l’invio del 53° sulle Alpi occidentali: tra i numerosi militari caduti negli scontri con i difensori francesi, meritano di essere ricordati il caporale Carlo Noè e il sergente Michele Macrì, entrambi decorati di medaglia d’oro al Valor Militare alla memoria. Rientrato a Biella dopo la cessazione delle ostilità tra Italia e Francia, il reggimento fu poi destinato al fronte greco – albanese (gennaio 1941), dove in condizioni ambientali sfavorevoli e al prezzo di ingenti perdite riuscì a conquistare gli obiettivi prefissati, meritandosi la seconda medaglia d’argento al Valor Militare (il maggiore Cesare Campana, caduto durante un assalto, fu insignito della medaglia d’oro al V.M. alla memoria).
Nell’estate del 1942 arrivò per il 53° Fanteria l’ordine di partenza per il fronte sovietico. Inquadrato nel Corpo di Spedizione Italiano in Russia, il reggimento fu schierato sulla riva destra del fiume Don, raggiunta dopo una lunga e faticosa marcia di avvicinamento. Incaricati di mantenere il caposaldo di Jagodnij, i fanti biellesi guidati dal colonnello Massimo Contini seppero ancora una volta dimostrare il proprio valore resistendo ai violenti attacchi sovietici e ricevendo così la terza medaglia d’argento al Valor Militare.
A seguito dello sfondamento operato dai sovietici sul fronte del Don (nell’ambito della vasta controffensiva che puntava ad accerchiare l’armata tedesca impegnata a Stalingrado), il reggimento dovette affrontare la drammatica ritirata attraverso la steppa innevata, riuscendo infine a raggiungere le linee tedesche e quindi la salvezza (27 dicembre 1942) dopo aver sostenuto violenti combattimenti a Krassnojarowka e a Nisch Petrowsky: l’impresa compiuta fruttò al 53° la medaglia d’oro al Valor militare. I superstiti dell’unità furono assegnati ad altri reparti, mentre la pluridecorata bandiera fece ritorno a Biella il 20 aprile 1943.
Ricostituito tra il maggio e il giugno di quell’anno e schierato a difesa dei confini orientali (sul Carso, con il comando a Divaccia San Canziano), il reggimento fu sorpreso dall’armistizio dell’8 settembre e, dopo un tentativo estremo di resistenza ai tedeschi, definitivamente sciolto. A Biella i soldati di presidio dismisero la divisa e abbandonarono la caserma “Carlo Noè” di via Torino.
Poco più di anno dopo la fine del conflitto i reduci del 53° Fanteria si ritrovarono a Oropa per commemorare il quarto anniversario della battaglia di Jagodnij. Fu quella l’occasione per porre le basi dell’Associazione Fanti del 53° Reggimento, della quale assunse la presidenza il colonnello Contini: «Scopo principale dell’Associazione – informò “il Biellese” (13.09.1946) – è quello di mantenere saldi i vincoli di fraternità nati dalle sofferenze insieme patite, dal sangue insieme versato, di mantenere vivo nel cuore dei sopravvissuti il ricordo dei compagni caduti e dispersi e soprattutto di assistere moralmente e materialmente le loro famiglie nonché i reduci più bisognosi».
Quattro anni dopo, il 27 agosto 1950, l’Associazione invitò la cittadinanza biellese (che accorse numerosa) ad assistere all’inaugurazione del monumento eretto ai Giardini Pubblici in memoria dei Caduti del reggimento; la scultura, realizzata dal capitano Edoardo Trevese, il cui bozzetto era stato presentato in occasione del secondo raduno dei reduci (luglio 1948), raffigura «un fante che con occhi smarriti guarda verso oriente stringendo la bimba che ha potuto riabbracciare. Sulla granitica base è incisa questa semplice iscrizione: “Raccontami”» (“Eco di Biella”, 21.08.1950).
Nella tarda estate del 1959 l’amministrazione comunale di Biella decise di rimarcare il profondo legame che univa la città al 53° Fanteria deliberando l’intitolazione ad esso del nuovo corso ricavato nello spazio compreso tra lo stadio “Lamarmora” e la piscina “Massimo Rivetti”. La cerimonia ebbe luogo domenica 13 settembre, in occasione del sesto convegno nazionale indetto dall’Associazione Fanti 53° Reggimento: «Reduci e fanti del glorioso Reggimento erano affluiti a Biella già da sabato pomeriggio provenienti da ogni parte d’Italia; undici fanti sono giunti dalla Sicilia e dalla Sardegna a cura dell’Associazione stessa del 53°». Numerose le personalità presenti per quella che “il Biellese” (15.09.1959) definì «la sagra della fraternità in una memorabile, patriottica adunata di gente gloriosa che ha vinto la guerra anche se la guerra è stata perduta»: oltre al sindaco Blotto Baldo e ai rappresentanti dell’amministrazione comunale, al Viceprefetto e al Procuratore della Repubblica Calvelli, alle delegazioni delle varie associazioni d’arma, si notavano il generale Michelotti, vicecomandante della regione militare nord-ovest, il colonnello Patrassi, comandante della Legione della Guardia di Finanza di Torino, diversi ufficiali superiori delle tre armi, e il ministro Giuseppe Pella.
Il presidente dell’Associazione 53° Fanteria generale Contini e il suo vice colonnello Rodolfo Mazzoni vegliavano sul perfetto svolgimento della manifestazione, che si aprì con l’«ordinatissimo, spettacolare, riuscito» corteo con in testa la banda Cittadina e un plotone in armi del 22° Fanteria, cui facevano seguito labari e gagliardetti delle associazioni combattentistiche e d’arma. Dopo una sosta ai Giardini per deporre corone d’alloro ai monumenti dedicati ai Caduti della guerra ’15 – ’18 e del 53° Fanteria, la sfilata proseguì lungo via Torino e viale Macallè fino a raggiungere il palco appositamente realizzato per le autorità nel nuovo Corso 53° Fanteria. La Messa al campo fu officiata dal cappellano militare padre Giovanni Brevi, quindi spettò al presidente Contini l’onore di scoprire la targa intitolata al “suo” reggimento. All’elevato e commovente discorso che l’ex comandante rivolse all’uditorio presente seguì l’intervento conclusivo del ministro Pella, il quale ammonì i giovani a ricordare «quanto sangue e quanto valore è stato necessario affinchè l’Italia ritrovasse la sua via» (“Eco di Biella”, 14.09.1959). Il lancio di volantini inneggianti a Biella e all’esercito e il volo di 500 colombi sancirono la conclusione della suggestiva cerimonia.
Massimo Contini, instancabile animatore dell’Associazione 53° Fanteria scomparve il 12 aprile 1960: non potè così assistere alla ricostituzione del reggimento, denominato 53° Fanteria d’Arresto “Umbria”, avvenuta tre anni dopo a Ialmicco di Palmanova. Trasformato in battaglione nel 1976, il reparto fu poi inquadrato nella brigata “Gorizia” (1986) e, come detto, sciolto nel 1993.
rolando.magliola@gmail.com
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