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Cronaca

Segregate e costrette a prostituirsi

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Segregate e costrette a prostituirsi

In centro città

Facevano prostituire le ragazze in due appartamenti del centro città. Sono tre le donne finite nei guai per sfruttamento della prostituzione al termine di una lunga indagine iniziata all’inizio del 2017. Per tutte e tre è stata disposta la custodia cautelare in carcere. Le due sorelle che gestivano un appartamento in via Trento sono già state arrestate; la donna che si occupava di un alloggio “a luci rosse” in via Lamarmora, invece, è ancora irreperibile. Insieme a loro sono state denunciate a vario titolo per favoreggiamento della prostituzione altre cinque persone. Tre di esse – un italiano, un cinese e un tunisino – sono state sottoposte alla misura dell’obbligo di presentazione alla polizia giudiziaria. È l’epilogo di una lunga attività di indagine condotta dalla prima sezione della Squadra Mobile, quella che si occupa di criminalità organizzata e straniera, in collaborazione con l’aliquota della polizia di Stato della sezione di polizia giudiziaria della procura di Biella.

L’esposto

Tutto è nato nei primi mesi del 2017 da un esposto del proprietario dell’appartamento di via Lamarmora. Dopo aver ricevuto le lamentele di alcuni condomini, che protestavano per il continuo via-vai, l’uomo ha iniziato a insospettirsi. I dubbi sono ulteriormente aumentati quando si è reso conto che i bonifici per l’affitto risultavano effettuati da cittadini cinesi, nonostante lui avesse dato l’alloggio in locazione a un italiano. Si è quindi rivolto alle forze dell’ordine.

L’indagine

Una volta compreso che non si trattava di una semplice truffa, ma di un possibile giro di prostituzione, gli specialisti di Questura e Procura hanno iniziato un lungo e complesso lavoro d’indagine. «Innanzitutto abbiamo controllato gli annunci su siti e giornali – ha spiegato il commissario capo Marika Viscovo, dirigente della Squadra Mobile -. Una volta trovati i contatti telefonici, alcuni agenti hanno chiamato fingendosi clienti e si sono fatti dare un appuntamento. Prima in via Lamarmora, poi nella casa di via Trento».
I poliziotti hanno così potuto verificare i sospetti ed effettuare le prime foto degli appartamenti, prima di andarsene accampando delle scuse per evitare la prestazione sessuale. Queste azioni hanno permesso di ricostruire il modus operandi delle sfruttatrici. Erano loro a rispondere alle telefonate, a stabilire i prezzi e a fissare gli appuntamenti, che successivamente comunicavano alle ragazze. Quando il cliente arrivava sotto casa, doveva telefonare nuovamente. A rispondere erano sempre loro che poi, solo a quel punto, dicevano alle ragazze di aprire la porta.

Segregate in casa a turno

E’ quindi iniziata la seconda fase dell’indagine, forse la più complessa e delicata. Una volta scoperto il giro, infatti, rimaneva da dare nomi e volti a vittime e carnefici, impresa non facile dato che quasi tutti i protagonisti erano cittadini cinesi presenti irregolarmente in Italia. «E’ stato difficile identificarli – ha confermato Viscovo -, anche perché si spostavano molto sul territorio. Abbiamo avviato un’attività di intercettazione, sentito le donne che le gestivano e che le chiamavano “operaie”. Era tutto organizzato direttamente dalle “titolari”. Le ragazze rimanevano segregate in casa per un mese, poi venivano spostate in un altro appartamento. Non potevano nemmeno uscire per andare a fare la spesa».
L’appartamento di via Lamarmora
I due alloggi erano gestiti da persone diverse, che si conoscevano e avevano contratti tra loro, ma apparentemente operavano autonomamente.
La sfruttatrice dell’alloggio di via Trento è caduta in trappola grazie alle intercettazioni. Nel corso di una telefonata con una banca in Cina, infatti, ha comunicato nome e dati anagrafici, tra i quali la data di nascita. Si trattava di una donna di 35 anni, L.L., sprovvista di permesso di soggiorno, che si muoveva tra Milano e Biella.

Le due sorelle di via Trento

A occuparsi dell’appartamento di via Trento, invece, erano due sorelle, che si alternavano nella gestione. Sono Quihua Ni, cinquant’anni e Xuihua Ni, 53. Una delle due in regola con i documenti in quanto sposata con un cittadino italiano residente nella nostra provincia.
Inizialmente non era chiaro se il marito fosse a conoscenza dell’attività della consorte. Nel corso dei pedinamenti gli investigatori hanno appurato che spesso la accompagnava in via Trento, probabilmente quando la donna doveva riscuotere. Ma rimaneva sempre ad attenderla all’interno dell’auto.
«Siamo riusciti ad avere conferma del suo coinvolgimento – ha spiegato il commissario capo Viscovo – attraverso una serie di escamotage. Una volta, ad esempio, abbiamo telefonato alla moglie mentre si trovava in macchina con l’uomo. Fingendoci clienti, abbiamo posto domande specifiche e lei ha risposto parlando liberamente nonostante fosse accanto al marito. Sono quindi state avviate diverse attività tecniche anche sul marito, attività che hanno confermato l’ipotesi investigativa».

Le altre persone denunciate

Oltre alle tre cinesi e al marito di una di esse, è finita nei guai anche un’altra donna asiatica di Cremona. Nel corso dell’indagine, infatti, sono state scoperte altre case di appuntamenti a Cremona, Udine e Roma, legate in una sorta di rete a quelle biellesi. Nello specifico, quest’ultima donna cinese è finita nei guai per favoreggiamento, per alcuni mesi si sarebbe preoccupata di pagare l’affitto per uno degli alloggi biellesi.
Oltre a lei, denunciato a piede libero anche un tunisino residente in provincia, che sarebbe stato a conoscenza dell’attività e avrebbe dato una mano a sistemare la casa. Infine, indagato con obbligo di presentarsi alla polizia giudiziaria un cinese residente a Milano, intestatario di diversi annunci pubblicati su siti e giornali.
Per quanto invece riguarda le donne sfruttate, sono state segnalate all’autorità giudiziaria perché presenti irregolarmente sul territorio nazionale.

Il sequestro

Nell’ambito dell’indagine, sono state eseguite otto perquisizioni tra Piemonte e Lombardia. Gli appartamenti a luci rosse sono stati sequestrati, così come tutto il materiale trovato al loro interno. Tutti gli atti sono già stati depositati e trasmessi presso la Procura della Repubblica. Ulteriori note informative sono state inviate alle altre procure interessate.

L’indagine prosegue

«Quanto scoperto finora – ha spiegato il procuratore Teresa Angela Camelio nel corso della conferenza stampa di lunedì in questura – deve essere considerato come un reato spia. Poi è verosimile pensare che dietro possa esserci un’organizzazione criminale più grande. Questi episodi di sfruttamento della prostituzione potrebbero essere spia di fenomeni e reati più gravi”.
Dunque l’attività investigativa proseguirà nelle prossime settimane e non sono da escludere ulteriori sviluppi. «Intanto – ha aggiunto il questore Nicola Alfredo Parisi – abbiamo interrotto l’attività di sfruttamento. E già questo è molto importante, perché si tratta di un reato particolarmente grave, che rappresenta l’annientamento della dignità della donna».
Infine il procuratore ha espresso grande soddisfazione per il lavoro svolto da tutte le sezioni coinvolte: «Ringrazio il questore per questa conferenza stampa e il responsabile dell’aliquota della polizia di Stato della sezione di polizia giudiziaria della Procura. È stato un lavoro egregio portato avanti in stretto contatto con la Squadra Mobile. È un esempio di ottima collaborazione».

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