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Cronaca

“Quattro settimane in ospedale, ma non ho mai temuto di morire”

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michelangelo pistoletto

Guarito dal Covid-19, dopo quattro settimane in ospedale, il maestro dell’Arte povera, Michelangelo Pistoletto, si racconta e invita a ripensare la pandemia come un’occasione per ricucire l’equilibrio tra natura e artificio.

“Sono stato curato con grande attenzione e professionalità da tutto il personale medico e infermieristico (non dimentichiamo quali problemi ha dovuto affrontare la sanità pubblica in questa pandemia!) che quotidianamente informava sulle mie condizioni mia moglie Maria… […] In quelle lunghe giornate, soprattutto le prime piuttosto difficili, il tempo mi appariva svuotato. Abituato a una attività vivace e continua, in collegamento con ogni parte del mondo, mi sono trovato improvvisamente in pausa, impotente e bisognoso di aiuto. Quando ho iniziato a riprendermi, mi sono fatto portare in ospedale Homo deus. Breve storia del futuro, un libro dello scrittore e storico israeliano Yuval Noah Harari”.

Su autorizzazione di Cittadellarte-Fondazione Pistoletto, sulla pagina Facebook dell’ospedale di Biella sono stati condivisi alcuni passaggi della sua personale esperienza di paziente e alcune riflessioni emerse durante la degenza, pubblicate sul numero di giugno della rivista “Arte”.

“Per fortuna, l’analisi casalinga ha consentito di accelerare i tempi e la mia situazione non era ancora precipitata. In ospedale mi hanno messo subito la maschera per l’ossigeno che ho tenuto per due settimane passando successivamente al respiratore. Sono stato curato con grande attenzione e professionalità da tutto il personale medico e infermieristico (non dimentichiamo quali problemi ha dovuto affrontare la sanità pubblica in questa pandemia!) che quotidianamente informava sulle mie condizioni mia moglie Maria… La permanenza in ospedale è durata quattro settimane, ma non ho mai avuto paura di morire, sebbene la morte fosse una presenza costante e dalla mia finestra di ospedale vedevo la processione di bare che partivano, senza parenti intorno, verso il cimitero. Purtroppo in un altro ospedale una persona a me molto cara e fondamentale per il mondo dell’arte, Germano Celant, soffriva e ci stava lasciando. Nonostante i miei anni (ne compio 87 il 25 giugno), le mie condizioni non sono mai apparse letali e, confortato dai medici, non ho mai avuto dubbi sulla possibilità di guarire. In quelle lunghe giornate, soprattutto le prime piuttosto difficili, il tempo mi appariva svuotato. Abituato a una attività vivace e continua, in collegamento con ogni parte del mondo, mi sono trovato improvvisamente in pausa, impotente e bisognoso di aiuto. Quando ho iniziato a riprendermi, mi sono fatto portare in ospedale Homo deus. Breve storia del futuro, un libro dello scrittore e storico israeliano Yuval Noah Harari. Lo avevo in casa dove mi ero limitato a leggerne qualche brano. Confesso che in condizioni normali non l’avrei mai terminato. Invece, pur essendo un tomo di 530 pagine, l’ho letto in ospedale soppesando parola per parola, sino all’ultima riga. […] Stando in ospedale ho pensato molto in solitudine. Davanti al mio letto compariva un muro bianco e osservandolo a lungo, senza poter compiere alcuna azione, ho avuto la chiara sensazione psicologica e fisica che il vuoto è al centro di noi. Io ho vissuto l’esperienza di questo vuoto che attende di essere fecondato. Il segno della Trinamica è assunto anche come simbolo del Terzo Paradiso; i due cerchi esterni rappresentano la separazione tra natura e artificio entrati in conflitto, con conseguenze devastanti. Nel cerchio centrale avviene l’unione equilibrata tra natura e artificio. Il Terzo Paradiso, dunque, si attua integrando il Primo Paradiso (natura -le) e il Secondo Paradiso (artificiale).
Ho la percezione che la pandemia mondiale ci stia richiamando a questo processo, non concedendo all’umanità ulteriori proroghe. Se si vuole evitare la sciagura globale, è assolutamente necessario vaccinare il Pianeta modificando il nostro sistema di vita. L’arte e la scienza si devono accordare anche per ricucire lo strappo tra artificio e natura come già avevo evidenziato nel 2007 con la realizzazione della Mela reintegrata. La mela è la natura. Dal morso della mela è nato il mondo artificiale che ormai divora la natura. Arte e scienza devono ricucire questo rapporto, reintegrando la mela, creando un nuovo equilibrio planetario. Per fare ciò, appare quanto mai necessario trovare soluzioni pratiche che contemplino economia e lavoro. Va applicato un nuovo piano mondiale di sviluppo eco-sostenibile. Alla base di ogni passaggio sta la scoperta e messa in azione di nuove fonti energetiche. Dovremo anche cambiare il nostro modello di vita basato sui vecchi metodi consumistici e, magari, viaggiare di meno visto che la tecnologia ci offre oggi opportunità straordinarie impensabili solo pochi anni fa…”.

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