Cronaca
Padre e figlia andavano a caccia di anziani da derubare
Padre e figlia andavano “a caccia” nei quartieri con l’aiuto di un complice, le loro prede erano anziane ultraottantenni. Sono due uomini e una donna i ladri arrestati dai carabinieri per aver commesso furti a Domodossola, Vercelli e Biella. Colpi ben studiati che nel corso del 2017 gli avevano permesso di racimolare un bottino complessivo di circa 50mila euro.
Padre e figlia arrestati con l’autista dei colpi. L’Operazione “Sedici”
E’ l’epilogo dell’Operazione “Sedici”, condotta dai carabinieri del Nucleo Investigativo di Verbania. Sedici, come il modello dell’auto utilizzata per compiere i furti. Proprio dalla vettura, infatti, è partita l’indagine che a distanza di otto mesi ha permesso di assicurare alla giustizia i presunti membri della banda, come spiegato ieri nel corso di un’apposita conferenza stampa al comando provinciale dell’Arma di Verbania.
Nei giorni scorsi il gip Beatrice Alesci ha emesso ordinanze di custodia cautelare in carcere nei confronti di tre persone italiane di etnia sinti, tutte residenti nell’Astigiano: C.G., 34 anni, che si è sempre limitato a svolgere il ruolo di autista, D.D., 47 anni, e la figlia 23enne L.E.. Tutte e tre attualmente erano già sottoposte ad altre misure. Il primo si trovava in carcere a Marassi per un furto con scasso compiuto in provincia di Savona, padre e figlia avevano invece l’obbligo di dimora nel Comune di Asti per reati analoghi a quelli dell’operazione “Sedici”, commessi in provincia di Novara. I due uomini sono pregiudicati, l’unica incensurata della banda era la ragazza.
Il modus operandi
Da Asti partivano alla volta di altre province per delinquere. In occasione di una di queste “trasferte”, la Fiat Sedici è stata inquadrata da alcune telecamere. E’ stato sufficiente questo per far partire e sviluppare l’operazione. I carabinieri hanno infatti passato al setaccio le riprese, controllando in modo certosino oltre settanta vetture che erano transitate nella via nell’arco temporale considerato. E’ stata quindi rilevata una parte della targa che ha permesso di risalire all’intestataria del veicolo, risultata poi essere la moglie dell’autista.
I malviventi si muovevano come veri e propri “squali”. Una volta scelto il quartiere, continuavano a girare per le vie del rione a bassa velocità, guardandosi intorno, fino a quando non trovavano qualcuno che facesse al caso loro. Solitamente si trattava di donne molto anziane che stavano rientrando a casa dopo aver fatto la spesa. A quel punto – come si puo’ vedere dalle immagini di alcuni registrate da alcune telecamere – accostavano l’auto e parlavano alla pensionata, per poi seguirla fino all’abitazione, situata poco distante. La prima ad agire era la ragazza. Presentandosi come tecnica dell’acquedotto comunale, chiedeva di poter entrare a effettuare un controllo su presunte perdite dai rubinetti. Una volta entrata in casa, partiva la seconda parte del piano. La donna iniziava una conversazione con la vittima e le chiedeva se avesse notato la massiccia presenza di forze dell’ordine sotto casa. “Pare ci siano stati dei furti”, spiegava. Ed ecco entrare in gioco il complice, nonché padre della ragazza. Bussava alla porta e si presentava come commissario di polizia o maresciallo dei carabinieri, a seconda dei casi, mostrando anche un tesserino di riconoscimento. Ovviamente fasullo. Iniziava quindi a recitare la propria parte del copione, chiedendo alla malcapitata di controllare se avesse ancora tutti i gioielli e il denaro che teneva nascosti in casa, dato che la zona poco prima era stata presa di mira dai ladri. Quando la pensionata mostrava loro il “bottino”, ormai il gioco era fatto: poco dopo uscivano con una scusa, per poi risalire sulla Fiat Sedici che li stava aspettando e dileguarsi. Nel momento in cui la vittima capiva che non li avrebbe più rivisti, di solito erano già lontani.
Una lunga indagine
I tre sono stati identificati partendo dalle immagini di un “colpo” commesso il 19 ottobre a Domodossola. Il lavoro è stato lungo e complesso. Piano piano, però, il puzzle è stato completato e la stessa Fiat Sedici è stata collegata ad altri due colpi commessi a Vercelli e infine a Biella, sempre nell’ottobre dell’anno scorso.
Altri casi
I tre episodi per i quali sono finiti nei guai per furto aggravato in concorso, molto probabilmente non sono gli unici. Secondo gli investigatori dell’Arma, il gruppo ha colpito anche a Noceto, Vicenza e in altre zone dell’Italia settentrionale.
«Non è stata un’indagine semplice – spiegano dal comando provinciale -, perché abbiamo dovuto mettere insieme diversi pezzi con l’aiuto di altri comandi provinciali e lo scambio di informazioni. Riteniamo che le stesse persone possano essere responsabili di altre azioni simili, per questa ragione la magistratura ha permesso di diffondere le loro fotografie. Chiunque li riconoscesse può rivolgersi a carabinieri e polizia, anche se non aveva ancora denunciato il fatto».
Vale inoltre la pena di ricordare di stare attenti a possibili malintenzionati. Bisogna diffidare delle persone in borghese che si presentano a casa qualificandosi come rappresentanti delle forze dell’ordine, anche se mostrano presunti tesserini. Nel dubbio bisogna sempre chiamare il 112 per verificare. Inoltre generalmente carabinieri e poliziotti non si presenta mai da soli, si tratta sempre di più persone, tra le quali di solito almeno una in uniforme. Sicuramente, infine, non chiedono mai soldi e gioielli.
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