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“Il molestatore? Quando l’ho incontrato non ho visto un ‘mostro’ ma un uomo fragile”

La consigliera comunale Sara Novaretti racconta dei due incontri casuali con l’uomo arrestato nei giorni scorsi

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«L’ho incontrato per caso, una sera fuori da casa mia, al Piazzo. Era spaventato e aveva bisogno di un po’ di umanità, di essere ascoltato. È una persona malata». Sara Novaretti, docente di inglese e consigliera comunale, ha conosciuto ad agosto I., il “molestatore” pakistano di 35 anni. E racconta con emozione il tempo trascorso con lui, poco ma carico proprio di quella umanità cercando di comunicare almeno il possibile.

Sara Novaretti racconta i due incontri casuali con il molestatore seriale

Nel cuore dell’estate Sara Novaretti si è trovato quel giovane davanti al cancello. Gli ha chiesto: “Aspetta qualcuno?” Ma non ha ottenuto risposta. Ha provato a domandare in inglese e lui ha risposto toccandosi la gola, come se volesse indicare di essere muto. «Ho tentato di insistere e gli ho chiesto se avesse fame. Mi ha detto parole incomprensibili e ha ripreso a toccarsi la gola. A quel punto sono andata a comprare qualcosa da mangiare ma quando sono tornata lui era sparito. L’ho poi visto poco più in là e l’ho raggiunto per consegnargli quel poco di cibo che avevo trovato, visto che era tarda serata. Lui ha preso la mia mano e l’ha baciata, poi mi ha toccato il capo delicatamente, in segno di gratitudine. Infine è andato a mangiare nei giardinetti di palazzo Ferrero. Quasi salutandomi con quel suo sguardo sperso».
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“La seconda volta mi sono commossa. Quando ha visto che piangevo si è messo a ridere”

L’incontro finisce qui. Ma ce ne sarà anche un altro, sempre casuale e sempre al Piazzo. «Una ventina di giorni fa, di domenica, mi trovavo con mia sorella e l’ho rivisto in piazza Cisterna – racconta Sara Novaretti -. Aveva un cartone di latte in mano e ho cercato di spiegargli che non era sufficiente per nutrirsi. Abbiamo iniziato a parlare e lui usava un inglese molto basilare. Ma ci capivamo e questo era importante. Ha iniziato a raccontarmi del dormitorio, di San Paolo, della mensa di via Novara. E gli ho chiesto di vedere i documenti, per capire qual è la sua situazione. Ha accettato senza battere ciglio. Ho visto che era stato in ospedale e anche i documenti del rilascio dal carcere. Ho capito anche che era stato a Zimone nel 2016, segno che in Italia c’è da tanto. Ho cercato di pagargli qualcosa da mangiare; mi sono offerta di comprargli qualcosa nel ristorantino sulla piazza. Ma non ha voluto. E mi ha abbracciata, con dolcezza. Non ho pensato nemmeno un istante di sottrarmi a quell’abbraccio anzi, l’ho baciato su una guancia. Mi sono commossa alle lacrime. E quando lui ha visto che piangevo si è messo a ridere».

Sara Novaretti gli ha proposto di sentire la polizia, l’unica cosa che poteva immaginare di fare in quella domenica torrida e lui ha di nuovo acconsentito volentieri. «Non so il nome della persona con cui ho parlato ma si trattava di un poliziotto gentilissimo, che è stato ad ascoltare tutto il mio racconto e mi ha spiegato anche le difficoltà che affrontano gli uffici, oltre a quelle degli immigrati. Ho scoperto che ha l’appuntamento in questura per il 10 ottobre. Non so se ce la farà».

“Non è ammissibile che qualcuno vada in giro a toccare e spaventare le ragazzine, ma la sensazione che ho avuto è che lui abbia perso il contatto con la realtà. Alla mensa mi hanno detto che anni fa era assolutamente normale”

«Ho cercato di approfondire la sua storia – conclude – e ho parlato con le associazioni legate al volontariato. Alla mensa mi hanno detto che provano una grande tristezza per quel ragazzo che era assolutamente normale e che poi, trafitto dai suoi dolori e dalle sue difficoltà, è diventato un malato. Perché di questo si tratta: non è ammissibile che una persona vada in giro a toccare le ragazzine e a spaventarle. E tantomeno lo è abbassarsi i pantaloni. Ma lo fa perché è una persona che ha perso il contatto con la realtà, che è malata, che si è ammalata qui e che non si capisce perché non venga seguita a dovere. No, io non lo capisco. Trovo inaccettabile che nessuno se ne sia fatto carico. Io non ho conosciuto un “mostro” ma un ragazzo di 35 anni con una carenza diventata patologica di umanità e di attenzione. Proprio queste potrebbero essere le sue medicine».

Nella foto, l’intervento della polizia ai giardini prima dell’arresto

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