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Cronaca

“Ho visto portare via i morti dall’ospedale di Biella nei sacchi di plastica”

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BIELLA – Un amico mi ha raccontato il suo calvario per il Covid. Me lo ha raccontato giorni fa. Ma io non riesco ancora a farmi una ragione di quello che mi ha raccontato.

Due mesi in ospedale a Biella. Dieci giorni con il casco per l’ossigeno. Le persone che muoiono e vengono portate via in sacchi di plastica. Lui in dieci giorni ne ha viste morire tre.

Sempre cosciente. Perché con il casco non riesci a dormire. E quindi sei sempre lì a chiederti se riuscirai a sopravvivere. Cosciente 24 ore al giorno. Tranne qualche istante, pochi istanti, in cui ti assopisci. Portare il casco – mi ha raccontato – è un po’ come stare sotto a una cascata. Il rumore ti fa impazzire. E in più il casco ti provoca il decubito al collo.

Non puoi vedere nessuno, tranne gli occhi di medici e infermieri. Occhi meravigliosi. Gli unici a darti la forza di andare avanti.

Ti tolgono il casco solo per mangiare. Tu non hai fame, ma se non mangi muori.

Se sei fortunato, come nel caso del mio amico, un giorno ti dimettono dall’ospedale. A casa però hai sempre l’ossigeno a portata di mano perché vivi nel terrore che il Covid possa ripiombarti addosso. Il mio amico dorme ancora con tanti cuscini sotto la testa perché questo lo aiuta a vincere l’ansia: gli sembra di respirare meglio.

Ora che è a casa, esce a prendere una boccata d’aria un paio di volte al giorni. Impiega due ore a fare il tragitto che prima compiva in quindici minuti. I medici gli hanno detto che, se non ci saranno imprevisti, tornerà alla normalità nel giro di quattro, cinque mesi.

Questo è il Covid. Per chi è fortunato.

Lettera firmata

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