Cronaca
“Era una catena di montaggio della morte”
Bare smontate per eliminare lo zinco, più salme bruciate contemporaneamente, ossa schiacciate con una pala per facilitare le operazioni: tutto per diminuire costi e tempi ed eseguire il maggior numero di cremazioni.
Una “lugubre catena di montaggio della morte a scopo di lucro”
Una “lugubre catena di montaggio della morte a scopo di lucro”. Così il procuratore della Repubblica Teresa Angela Camelio ha definito quanto emerso nel corso dell’indagine sul forno crematorio, clamorosamente venuta alla luce ieri mattina.
Il blitz – effettuato dai carabinieri della sezione di polizia giudiziaria guidati dal luogotenente Tindaro Gullo -, il sequestro e i due arresti di ieri sono soltanto la punta dell’iceberg di un’inchiesta complessa e ancora in corso che vede diverse altre persone indagate.
I risultati della prima fase dell’indagine
Ieri pomeriggio in Procura sono stati presentati i risultati di questa prima fase dell’indagine. Ai due uomini per i quali è stata disposta la custodia cautelare in carcere – l’amministratore delegato della Socrebi Srl, Alessandro Ravetti, e un dipendente, Claudio Feletti – vengono contestati a vario titolo i reati di distruzione, sottrazione e soppressione di cadavere e violazione di sepolcro. Il giovane titolare, inoltre, è indagato per istigazione alla corruzione. Contestata anche la gestione pericolosa di rifiuti aggravata, che sarebbe avvenuta a partire dal 20 settembre 2018.
Tutto sarebbe iniziato un anno fa
Tutto sarebbe iniziato quando il tempio ha acquisito competenza extraregionale, vale a dire dall’entrata in vigore del “Progetto Pegaso”, nel 2017. Una novità che ha fatto registrare un incremento del 441% delle cremazioni e che, secondo gli inquirenti, ha portato a cambiare le modalità di lavoro.
Un incremento che rendeva necessario accelerare le operazioni e lavorare a pieno ritmo, fermando gli impianti soltanto per alcune ore di notte. Considerate le variabili, come la grandezza di salma e bara, per bruciare una cassa contenente zinco ci vogliono almeno 120 minuti, mentre per quelle di legno ne bastano 90. Per questo capitava che venissero strappate le parti di zinco delle casse con appositi arnesi, tutti sottoposti a sequestro probatorio: un’ascia, una roncola, due palanchini e una mannaia. Tutto ciò violando le bare secondo l’ipotesi della procura accolta dal Gip.
Sempre per accorciare i tempi, talvolta si procedeva a vere e proprie cremazioni sommarie o addirittura a cremazioni doppie, con due casse di legno inserite contemporaneamente.
Sotto sequestro anche un cassone contenente circa 240 chili di cenere e ossa. Ossa che erano ben visibili già aprendo la cassa di cartone.
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Francesca
27 Ottobre 2018 at 13:06
Sono senza parole..che schifosi b……
Spero che passino in carcere il dolore che provano ora le famiglie di quelle salme che loro hanno violato….