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«Sono scampato alla guerra e alla bomba al porto»

Ghassan Demachkieh, 71 anni, oggi in pensione, parla della sua vita trascorsa in Libano. È nato e cresciuto nella capitale, a Beirut

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È scampato alla guerra civile libanese e all’esplosione nel porto di Beirut del 4 agosto 2020. Ghassan Demachkieh, 71 anni e in pensione, abita a Cossato e si racconta.

«La prima volta che sono scappato dal Libano, quando è scoppiata la guerra civile nel 1975, mi sono rifugiato a Milano. E dire che il mio Paese, quando ero piccolo, viveva un bel periodo. Era la Svizzera del Medio Oriente. Andavo a giocare in montagna. Da noi si passa dal mare ai monti in quindici minuti. Poi è scoppiata la guerra civile tra le fazioni cristiane e musulmane, sostenute dai palestinesi, che ha rovinato il Libano ed è proseguita fino al 1990. Ne ho ricordi vivi. Andavo a lavorare in banca passando sotto le bombe. Ho rischiato la vita tante volte. Era il 1977 quando sono arrivato in Italia e ho conosciuto la donna che è poi diventata mia moglie. Lavorava all’aeroporto di Linate. Dopo il matrimonio l’ho portata a Beirut sotto le bombe. È venuta per amore e là abbiamo vissuto. Lei si è introdotta nella società libanese, nel centro culturale italiano a Beirut, ed è diventata professoressa di lingua italiana per stranieri, per libanesi, siriani e palestinesi. Nel 1978 abbiamo avuto la prima figlia e nel 1980 la seconda. Ora vivono entrambe in Olanda».

Nel 2020 si è verificata l’esplosione nel porto di Beirut che ha ucciso 220 persone e ha distrutto un terzo della città.

«Ci sono stati oltre seimila feriti e più di mille persone sono diventate disabili – prosegue -. Si parla della detonazione di 2.750 tonnellate di esplosivo che si trovava in un deposito. Buona parte della popolazione è rimasta senza casa. Nel mese di settembre 2020 abbiamo deciso di vendere tutto. Abbiamo caricato i nostri averi su un container e abbiamo raggiunto le figlie in Olanda. Là, però, in inverno fa un freddo cane. C’era il vento che mi entrava nelle ossa. Non potevo resistere, allora mi sono scusato con loro. Io e mia moglie siamo tornati in Italia. Era il mese di marzo del 2021».

«Non potendo più vivere a Milano, perché c’è troppa confusione, grazie agli amici abbiamo trovato casa a Cossato. Qui è certamente più caldo ed essendo una città piccola posso andare in bicicletta. Se poi ho bisogno della macchina, la affitto, soprattutto nel mese dicembre quando arrivano le nostre figlie per Natale, con il nipote».

Facendo un passo indietro, Ghassan ricorda la vita in Libano. «Sono nato e cresciuto nella capitale, a Beirut. Il mio cognome si pronuncia Demaschì, da Damasc. Ho frequentato le scuole basse in città – la primaria -, poi sono stato in un collegio. Ho studiato all’Università americana di Beirut, acronimo Aub, conseguendo una laurea in business administration, un master. La mia lingua madre è l’arabo, ma avendo studiato in una scuola straniera, parlo anche inglese e un po’ di francese».

«Mio papà è mancato nel 1978 e purtroppo non ha conosciuto le nipoti. Mia mamma vive ancora a Beirut, ma è inferma. L’ultima volta l’ho vista a febbraio e ci tornerò. Con lei c’è mia sorella».

«Il mio Paese sta vivendo una crisi economica bestiale. Nel 2019 un dollaro valeva 1.500 lire libanesi. Oggi vale quasi 40.000 lire libanesi. Più dell’80% della popolazione è povera e soffre. Spero che Dio veda».

«Il clima mediterraneo è bellissimo, è il più bello del mondo, con quattro stagioni vere. La mia infanzia è stata buona. Ricordo che veniva tanta neve. Abbiamo montagne che superano i tremila metri di altitudine e in estate la temperatura non è molto calda, non supera 33/34 gradi al mare. La Valle della Beqa, invece, è tutta coltivata».

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