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Vendevano automobili che non venivano consegnate, un arresto anche nel Biellese

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Minaccia la compagna incinta

Maxi operazione di carabinieri e guardia di finanza sin dalle prime ore del mattino di oggi, mercoledì 17 marzo 2021. A finire in manette 12 cittadini di origine sinti; effettuati sequestri per un totale di un milione di euro. Il gruppo, infatti, viveva nel lusso più sfrenato. Tra i beni sequestrati c’è anche un portone di casa con il logo Rolex.

Ad agire i carabinieri della tenenza di Nichelino e i finanzieri del gruppo di Orbassano. Gli arresti sono stati effettuati in Piemonte, uno anche nel Biellese e in altre località del nord Italia.

I dodici, secondo gli inquirenti, avrebbero costituito un gruppo criminale con lo scopo di effettuare truffe nell’ambito della vendita di automobili. L’accusa che viene loro rivolta è quella di associazione per delinquere finalizzata alla truffa e al riciclaggio.

La banda operava in due modi differenti: in alcuni casi, avvalendosi di imprese operanti nel commercio di autovetture, pubblicava su internet avvisi di vendita di automobili di grossa cilindrata, a trattativa conclusa però gli uomini incassavano il denaro, ma non consegnavano la vettura; in altri casi invece modificavano la vettura riducendo il chilometraggio e coprendo i difetti del mezzo, così facendo potevano richiedere una cifra maggiore al compratore rispetto al valore reale dell’automobile venduta.

Inoltre i militari avrebbero accertato che la banda si avvaleva di una rete di prestanome. Il loro obiettivo in questo caso era quello di nascondere il denaro guadagnano in modo illecito e non permettere agli inquirenti di risalire a loro.

È stato accertato che 20 società, susseguitesi nel tempo attraverso artate operazioni di apertura e chiusura, riconducibili alle stesse persone fisiche, avevano venduto, in saloni espositivi o su siti online specializzati, auto, anche di lusso, recanti un chilometraggio inferiore rispetto a quello effettivo. Grazie all’incrocio dei chilometri segnalati al momento delle operazioni di revisione periodica e quelli effettivamente indicati sui cronotachigrafi delle autovetture, nonché dalle informazioni acquisite dalle persone offese dal reato, è stato quindi possibile accertare la truffa, riscontrando delle differenze significative che, in alcuni casi, sono risultate anche di oltre 170mila chilometri.

 

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