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Una domenica a spalare

Un gruppo di biellesi ha trascorso una giornata nella Valle Susa alluvionata

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una domenica a spalare

Una domenica a spalare. Sembra uno dei tanti angoli di paradiso delle valli alpine piemontesi. Ma in realtà è una terra travagliata. Se dici “Valle Susa” ormai viene spontaneo pensare alle proteste, anche con scontri con le forze dell’ordine, verso la Tav.

Ed è anche un’altra sigla, opposta, a cui si pensa immediatamente: No Tav. Eppure…

Eppure la Valle Susa non è soltanto una splendida valle delle Alpi piemontesi. E non è nemmeno soltanto un teatro di battaglia, di scontri, di violenza. Ha un altro dramma da vivere e da risolvere. Che è quasi passato sotto silenzio, anche perché stavolta per fortuna non ci sono stati i morti. Ma i danni, quelli sì, l’alluvione li ha fatti: ha sconvolto una fetta di quella valle.

Una domenica a spalare

A non dimenticarlo sono stati alcuni giovani che dedicano il tempo che possono a dare una mano, E non solo giovani, anche qualche 60enne: in particolare un gruppetto misto per età, fatto di biellesi.

Nelle scorse settimane questi biellesi erano a Mattie, un paese colpito duro. Donne e uomini che non vogliono apparire, ma che hanno dedicato la giornata a spalare, rimuovere detriti e carcasse di alberi spezzati dalla furia dell’alluvione.

«Conosciamo queste zone – raccontano -. Ci veniamo anche per la bellezza di questa montagne. Per questo ci sentivamo in obbligo di “esserci” in qualche modo, di dimostrare che non siamo qui solo a divertirci oppure a provocare, a “fare casino”. Noi ci siamo per dare una mano, per aiutare».

E questa è un’altra ferita della valle: si sospetta di tutto e di tutti, non ci si sente sicuri. E non c’è pace perché non c’è solo la Tav, anche progetti molto più piccoli che però creano contrasti. Come una nuova strada che viene contestata. Qualcuno ha appeso uno striscione vicino a un ponte crollato. C’è scritto: “Non dateci una strada inutile, costruiteci degli argini”. A confermare che l’alluvione i suoi segni li ha lasciati, eccome.

Loro, i biellesi, non si fanno catturare nel vortice. Pensano soltanto a lavorare, a scavare e a pulire, cercando anche in questo modo di dimostrare che esiste gente che si impegna semplicemente per fare quello che serve.

«Questo è esattamente quello che vogliamo. Semplicemente dare una mano, semplicemente fare quello che serve per sistemare quello che l’alluvione ha sconvolto. Niente altro».

Il lavoro è proseguito per tutta la domenica, fino al tardo pomeriggio. Poi il gruppo ha fatto ritorno a casa per una doccia, una buona cena in compagnia e una serata a chiacchierare.

Anche il Biellese ha le sue ferite, ma non così profonde e traumatiche. E ha gente che sa ancora il significato della parola solidarietà.
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