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Tre immagini ma quale sarà quella di Basso?

Pausa caffè, la rubrica di Giorgio Pezzana

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Sgomberiamo subito il campo. Io non conosco Daniele Basso, quello del “mostro” di Oropa. Non ci siamo mai incontrati quindi credo di poter escludere, almeno da parte mia, ogni sorta di risentimento personale.

Ciò che sto per scrivere infatti, non ha nulla di personale, ma poiché quell’allestimento in Santuario, oltre che avere suscitato polemiche e discussioni, è anche stato sponsorizzato dalla Fondazione Cassa di Risparmio di Biella, cioè con denari che in qualche modo possono essere considerati al pari di risorse pubbliche, forse è il caso di fare chiarezza sino in fondo.

Pochi giorni fa, un amico mi ha inviato un’immagine contenente tre figure di animali, un orso, un leone ed un falco, ponendomi, senza alcun preambolo, una domanda secca: secondo te, quale di queste figure è da attribuirsi a Basso? Istintivamente, per quel poco che ho visto di Basso, ho risposto con convinzione tutte e tre. Invece no.

Una di quelle figure è di un artista asiatico, un’altra è dell’artista neozelandese Ben Foster e la rimanente è l’unica attribuita a Daniele Basso. I soggetti sono diversi, evidentemente, ma la tecnica progettuale sembra identica. Dunque è avvenuto una sorta di miracolo se la musa ispiratrice ha indotto tre artisti geograficamente così distanti a realizzare opere con una tecnica apparentemente uguale.

E mi fermo qui, perché non sono un esperto d’arte, so di essermi trovato al cospetto di quelle tre figure come si sarebbe trovato il 90 per cento delle persone alle quali fossero state sottoposte e quindi non mi avventuro in spiegazioni che non sarei in grado di dare. Però forse, chi è più bravo di me, qualche domanda se la dovrebbe porre perché sarebbe brutto scoprire che si è andati oltre alla provocazione, accusando qualche scricchiolio anche sull’originalità.

Di certo sbaglierò, ma credo sarebbe giusto per lo stesso Basso allontanare queste ombre. Non sto cercando di alimentare un dibattito su di un tema che ormai sta annoiando anche me e che lascerebbe ciascuno con le proprie convinzioni. La leggerezza che non concepisco rimane l’aver collocato in un luogo sacro un’immagine che evoca sinistri presagi. E per quel che mi riguarda la questione si chiude qui.

Giorgio Pezzana

 

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