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Splendori e miserie di Oropa Bagni: storia del gigante in agonia
Ospitò Carducci, Toscanini, Duse e D’Annunzio. “Spiazzato” dalla modernità chiuse negli anni ‘50

Splendori e miserie di Oropa Bagni: storia del gigante in agonia.
Quando il vento scende dalle pareti del Mucrone sembra portare ancora con sé le voci di un luogo che un tempo era vivo, elegante e luminosoÈ difficile immaginare, osservando oggi quelle mura spezzate con le finestre rotte, che Oropa Bagni sia stata una delle più sorprendenti invenzioni del Biellese ottocentesco. Un rifugio di cure e mondanità, nascosto tra boschi e silenzi. Dove medici visionari, attori, poeti e nobili si incontravano senza sospettare che, un giorno, tutto sarebbe svanito come la polvere.
Splendori e miserie di Oropa Bagni: storia del gigante in agonia
La storia di Oropa bagni comincia attorno al 1850. Quando il dottor Guelpa, convinto sostenitore delle nuove terapie legate all’acqua e all’aria, salì fino alla conca sopra il Santuario e osservò un vecchio cascinale. Là dove altri vedevano solo pietre e pascoli, lui intuì un potenziale. Dove l’aria pura, il fruscio dei pini, l’acqua gelida che sgorgava dalle rocce erano gli elementi di una nuova era. In un’epoca in cui la scienza cercava nuove vie per curare i mali respiratori e nervosi. Quel luogo poteva essere trasformato in un laboratorio naturale, un tempio della salute.
Così nacque il primo embrione di Oropa Bagni. Non più un semplice fabbricato di montagna. Ma una struttura dedicata alle cure idroterapiche con spugnature fredde, immersioni, bagni tonificanti e passeggiate terapeutiche tra i boschi.
I primi pazienti
Arrivarono i primi pazienti, cittadini pallidi per l’aria stagnante delle città, donne desiderose di ristoro, uomini d’affari stanchi di uffici fumosi. L’esperimento funzionò. La voce si sparse. Eppure Guelpa, che amava più le innovazioni che l’amministrazione, capì presto che quel luogo meritava qualcuno capace di farlo crescere davvero. Fu così che nel 1871 subentrò il dottor Giacomo Mazzucchetti che sin da subito vide oltre il concetto di “casa di cura”. Immaginò e realizzò un albergo moderno, elegante, un luogo dove terapia e piacere potessero convivere. Le sue mani, e quelle degli artigiani che ingaggiò, plasmarono Oropa Bagni in un vero e proprio villaggio alpino del benessere.
Fino ad allora la maggior parte dei pazienti alloggiava nelle stanze del Santuario di Oropa che stipulò una sorta di convenzione. Sorsero nuovi edifici con camere luminose, sale da pranzo con finestre affacciate sul bosco, salotti per la lettura, ambienti per i trattamenti, la sala con il biliardo. La montagna, fino ad allora maestosa ma ostile, si lasciava addomesticare per la prima volta. Camminare tra quelle pareti voleva dire godere di tutti i comfort più all’avanguardia ma allo stesso tempo, villeggiare in mezzo al silenzio assoluto.
Da tutta Italia
Le persone accorrevano da tutta Italia per trascorrere le giornate tra bagni freddi al mattino, conversazioni colte dopo il pranzo, passeggiate nei boschi. E ben presto gli ospiti divennero illustri. Nei registri erano annotati nomi destinati a rimanere nella storia. Come il poeta Giosuè Carducci, che camminava assorto e annotava versi su taccuini sgualciti. Il giovane Arturo Toscanini, già impetuoso, che ascoltava la musica del bosco come fosse una sinfonia. Eleonora Duse, silenziosa e magnetica, che sembrava fondersi con la quiete montana. E persino un irrequieto Gabriele d’Annunzio, affascinato dall’idea di un ritiro poetico in alta quota in compagnia della sua amata Eleonora.
A loro si aggiungevano nobili piemontesi, membri della casa Savoia, famiglie abbienti che cercavano ristoro dal caldo delle città.
La necessità di ampliare ulteriormente la struttura era evidente al punto che da 200 persone si arrivò nel periodo d’oro ad ospitarne ben 400. Oropa Bagni divenne così una meta discreta, elegante e protetta dalla montagna. Un luogo dove si andava per guarire, ma anche per costruire nuove amicizie, scambiarsi idee, vivere un’estate diversa.
Il lento declino
Nonostante il continuo cercare di stare al passo con il tempo, già agli inizi del Novecento l’idroterapia cominciò a perdere il fascino riscosso nel secolo precedente. Le nuove scoperte mediche, i mutati stili di vita, la nascente industria del turismo. Tutto questo portò gli italiani verso mete più comode, più vicine ai loro desideri moderni.
Oropa Bagni provò a resistere al cambiamento, ma i costi di manutenzione erano altissimi e il complesso iniziò a mostrare i segni del tempo. Le proprietà cambiarono passando dalla famiglia Mazzucchetti alla Curia di Alessandria. Che provò a trasformare il complesso in colonia estiva riempiendo quei corridoi di voci di bambini e preti in villeggiatura. Ma l’utilizzo stagionale non era sufficiente al mantenimento annuale della struttura.
La chiusura
La montagna restava immutata e la società attorno ad essa si muoveva troppo in fretta. Portando inevitabilmente alla chiusura definitiva negli anni Cinquanta. Da allora, il silenzio. I vetri delle finestre si infransero uno dopo l’altro e l’erba salì fino a coprire i gradini dell’ingresso principale.
Negli anni Ottanta un nuovo passaggio di proprietà sembrò riaccendere la speranza. L’intera area venne acquisita dalla ditta Lauretana interessata alle sorgenti presenti nel terreno. Ma non arrivò mai nessun progetto di recupero, solo l’abbandono, lento e irreversibile che continua giorno dopo giorno.
L’attualità
Oggi, guardando quelle rovine, non si può non raccontare la storia del primo stabilimento idroterapico d’Italia. E dei grandi personaggi che l’hanno trasformato in eccellenza.
Oggi anche il vento che passa attraverso ciò che rimane delle finestre prova a rievocare i passi delle dame con l’ombrellino e dei gentiluomini in giacca di lino. Oropa Bagni, a causa dell’abbandono, subisce inesorabilmente il continuo e progressivo collasso di alcune parti dell’edificio. E’ inagibile e pericolante. Ma nonostante tutto continua a far parlare di sé. Raccontandoci una storia fatta di coraggio imprenditoriale, di scienza medica in evoluzione, di aristocrazia in villeggiatura. Descrive un’epoca in cui il concetto di benessere era diverso, più legato all’aria, al movimento e al silenzio.
Oggi chi cammina tra quei sentieri deve sapere che lì, tra quei mattoni consumati dal tempo, si nasconde una storia troppo spesso dimenticata. Ma che non ha mai smesso di esistere.
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