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«Si vive con l’incubo della sirena e dei missili», un biellese nell’inferno della guerra in Ucraina

Edoardo Tagliani è a Leopoli da dieci giorni per avviare la missione internazionale dell’ong Avsi

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BIELLA – C’è anche un biellese nell’inferno ucraino; in prima linea, ma non con le armi. Perché non servono fucili per combattere la battaglia che ormai conduce da vent’anni, quella contro gli “effetti collaterali” della guerra, sempre tristemente uguali a prescindere dalle bandiere: morte, miseria, distruzione.

Da circa dieci giorni Edoardo Tagliani è a Leopoli insieme ad altri colleghi della fondazione Avsi, organizzazione non profit che da cinquant’anni si occupa di sviluppo e aiuto umanitario in tutto il mondo. In veste di emergency coordinator, fa parte dell’equipe d’urgenza inviata sul posto per avviare la missione.

«Il nostro compito è metterla in piedi – racconta il giornalista 49enne dopo essere stato raggiunto telefonicamente -, la speranza è di completare i primi passi entro una decina di giorni. Poi proseguiranno altri e io tornerò in Siria».

Da tempo, infatti, Tagliani è impegnato in un altro scenario di guerra, in Medio Oriente, dove è coordinatore regionale dei programmi di Avsi.
L’esplosione del nuovo conflitto lo ha costretto a rivedere i piani a breve termine e a partire alla volta dell’Ucraina. C’è molto da fare e nessun minuto da perdere.

«Al momento stiamo impostando la prima fase della missione, che riguarda principalmente l’accoglienza e il sostentamento degli sfollati giunti qui dalle aree occidentali del Paese – racconta -. Provengono soprattutto da Mariupol, Kiev e Odessa. Il secondo passo, invece, consisterà nel cercare di far arrivare gli aiuti direttamente nelle città sotto assedio, per sostenere quei civili che non possono scappare o non vogliono farlo. Ieri abbiamo avviato il primo progetto e dopo dieci giorni è già una buona notizia, perché non c’è tempo e bisogna correre».
Chiunque può sostenere l’Ong e il programma #helpukraine direttamente dal sito avsi.org.

L’azione dell’organizzazione in Ucraina si articola su più fronti. Oltre a distribuire viveri per circa 15mila persone, ad esempio, l’équipe lavora anche per fornire liquidità alle persone attraverso il cash transfer: «I bisogni sono diversi quindi anche le risposte devono essere differenti – spiega ancora Tagliani a questo proposito -. Il denaro è fondamentale perché non dappertutto si riesce a far entrare la merce, ma magari in giro si trovano ancora carburante e beni, anche se con i prezzi alle stelle. In zone come Leopoli c’è qualcuno che il cibo ce l’ha, ma non ha resto; quindi in certi casi il modo più rapido e comodo per aiutare non è comprare i singoli beni, ma distribuire contanti e consentire alle persone di procurarseli. Cerchiamo di farlo attraverso quel che rimane delle reti bancarie e delle agenzie di trasferimento».

Poi, purtroppo, c’è anche un altro tipo di sostegno altrettanto urgente e necessario: «Uno degli obiettivi della missione – prosegue il biellese – è fornire un supporto psicosociale ai bambini».

Non si tratta solo dell’orrore della guerra, ma anche delle conseguenze che il conflitto porta con sé, come ad esempio la morte dei genitori. Un destino che accomuna già troppe vittime: «Per far fronte a questa emergenza – spiega Tagliani – abbiamo iniziato ad allestire un orfanotrofio in un vecchio monastero. Ci stiamo occupando di quaranta bambini affidati provvisoriamente a quattro famiglie».

Rispetto ad altre aree del Paese, Leopoli è una zona più tranquilla. Solo sulla carta però, perché poi nella realtà, quando si muovono gli eserciti, non esistono posti tranquilli o sicuri, come testimonia lo stesso Tagliani descrivendo la situazione attuale: «Nonostante questa sia la parte “calma” del Paese, i missili arrivano anche qui. Sabato è stata una giornata difficile, in tre occasioni ci siamo dovuti rifugiare nei bunker. A volte ci rimani trenta minuti, altre volte tre o quattro ore. Può succedere sia di giorno che di notte, non ci sono regole. Quando suona la sirena non sai mai se arriveranno effettivamente le bombe. Per la popolazione è estenuante: a qualunque ora può capitare di dover correre sotto terra con il fiato sospeso, nell’attesa che suoni la seconda sirena, quella che annuncia la fine del pericolo».

Come accennato, quella di sabato è stata una giornata parecchio impegnativa da questo punto di vista: «Sono stati sparati nove missili dagli incrociatori che navigano nelle acque del Mar Nero: tre sono stati abbattuti dalla contraerea, sei hanno raggiunto il bersaglio – racconta ancora -. Hanno colpito una stazione di servizio utilizzata per il rifornimento di mezzi militari e una fabbrica che costruisce parti meccaniche di carri armati. Uno dei missili è stato meno “preciso” ed è esploso contro un muro di un centro commerciale situato a pochi metri dalla stazione di servizio».

Il 49enne biellese è inevitabilmente testimone anche dello stato d’animo di chi la guerra la sta vivendo sulla propria pelle: «La popolazione? Da un lato ha paura, dall’altro è inferocita. Nessuno sembra avere intenzione di mollare la guerra contro la Russia, non gli abitanti di Leopoli e nemmeno le persone arrivate da est, da Kiev o da Odessa».

 

Matteo Floris

 

 

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