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Scuola d’estate ma senza lezioni, l’esperto del Ministero: “Docenti non lavoreranno a luglio e agosto”. Le ipotesi allo studio
L’idea del nuovo comitato di esperti del Ministero sarebbe quella di aprire gli istituti anche d’estate, proponendo però attività educative di ogni tipo: artistiche, sportive e musicali. E dunque non si tratterebbe di un prolungamento della scuola per tutti e soprattuto non sarebbe un recupero generalizzato degli apprendimenti.
Sembra ormai accantonata l’ipotesi calendario scolastico prolungato per tutti fino a giugno. O meglio, quella trapelata sin dall’inizio dei primi giorni di Governo Draghi. La conferma sembra arrivare da uno degli esperti che il Ministro Patrizio Bianchi ha deciso di interpellare in un tavolo di lavoro continuo per valutare le soluzioni sui famosi “recuperi post-DaD”.
“Non solo dobbiamo tornare rapidamente a un orario scolastico normale, anche distribuendolo su diverse fasce orarie, ma dobbiamo fare il possibile, con le modalità più adatte, per recuperare le ore di didattica in presenza perse lo scorso anno, soprattutto nelle regioni del Mezzogiorno in cui la didattica a distanza ha incontrato maggiori difficoltà”, aveva detto il premier durante il suo discorso in Senato, lasciando comunque un contorno di incertezza sulla questione.
Ad iniziare a smontare l’idea della scuola d’estate è stato lo stesso Ministro Bianchi durante il primo incontro con i sindacati, sottolineando che la scuola “è sempre stata aperta in questi mesi, in presenza o a distanza”, ed ha anche evidenziato che bisogna “valorizzare il lavoro fatto, è un patrimonio da raccogliere e diffondere”. Nella stessa occasione Bianchi aveva annunciato di aver attivato un gruppo di lavoro composto da personale del Ministero e figure che operano sul territorio, dirigenti scolastici, insegnanti, esperti in materia di disuguaglianze. Adesso, uno di questi esperti spiega su quali ipotesi si sta lavorando: “Sarebbe una risposta importante a un momento di isolamento“, spiega all’agenzia di stampa Dire Franco Lorenzoni, maestro elementare ora in pensione, fondatore della Casa-laboratorio di Cenci, un centro di sperimentazione educativa, e membro del Comitato tecnico istituito dal ministro Bianchi.
L’ex insegnante spiega infatti: “Non chiediamo ai docenti di andare a insegnare a luglio e agosto. L’ottica è che le scuole si aprano anche ad altri soggetti, senza assolutamente privatizzare l’istruzione pubblica– precisa Lorenzoni- Del resto il ministero aveva già parlato di patti educativi di comunità la scorsa primavera e il nostro Comitato si inserisce in quella linea. Dobbiamo far si che le scuole diventino sempre più centri di elaborazione culturale aperti alla città tutto il tempo, aumentando l’offerta educativa e culturale a partire dai territori più deprivati“.
L’intervento, secondo il comitato di esperti riunito da Bianchi, è quello di ragionare sui diversi gradi di istruzione: “L’idea del ministro è quella di non perdere l’occasione di questa emergenza per ripensare la scuola, partendo dalle problematiche che già c’erano e che il virus ha peggiorato, come la dispersione scolastica palese e quella nascosta, data dal mancato raggiungimento degli obiettivi minimi che permettono di comprendere un testo complesso, articolare un ragionamento, sapere risolvere problemi ricercando in autonomia- aggiunge il maestro- Il Comitato si occuperà delle competenze digitali e del ruolo strategico che rivestono gli ambienti di apprendimento, focalizzandosi anche sul recupero degli apprendimenti, ma non solo: l’obiettivo e’ quello di rimettere la scuola al centro del discorso pubblico“.
Ecco perchè, secondo Lorenzoni “parlare solo di recupero è sbagliato, perchè le bambine e i bambini e tutti gli adolescenti hanno fatto in questo anno un’esperienza enorme che deve essere in qualche modo sedimentata”.
Il Comitato di esperti, nei due incontri che già si sono svolti, hanno già individuato alcune priorità: per Franco Lorenzoni, nello specifico, le priorità da prendere in considerazione per far rinascere la scuola dopo la pandemia sono chiare: riduzione degli alunni per classe, estensione del tempo pieno nel sud e nelle aree interne, investimenti sulla fascia d’età 0-6 e in particolare nei nidi e un rafforzamento dell’istruzione tecnico-professionale, accompagnando tutto ciò da una formazione professionale di base e in servizio, da rivedere radicalmente e rilanciare come obbligatoria.
Non meno urgente anche il tema dell’edilizia scolastica: “Dobbiamo progressivamente mettere in sicurezza tutte le scuole, costruirne di nuove e ripensare gli spazi perché bambini e ragazzi hanno diritto di abitare luoghi educativi adatti alla ricerca e alle esperienze più varie. Tutte le scuole, compresi gli spazi che le circondano, devono poter ospitare laboratori adatti a svolgere esperienze ricche e varie perché lo spazio e’ il terzo educatore. Investire sulla bellezza delle scuole vuol dire offrire ai più giovani l’idea che la conoscenza sta a cuore alla nostra società. Stiamo caricando sulle spalle dei nostri figli e nipoti un debito pubblico di enormi proporzioni e l’unico risarcimento che possiamo dar loro sta nell’investire in educazione, istruzione e ricerca. Non ci possiamo permettere di essere il penultimo paese in Europa quanto a percentuale di laureati“.
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