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Samanta avvia una piccola sartoria nella casa di nonna a Cossato

Samanta Filippi, 32 anni, ha trasformato ha trasformato l’immobile in una bottega accogliente dove prende forma il suo sogno

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Non lo diresti mai che a varcare quel portoncino rustico, in legno, entri nel sogno di Samanta Filippi, 32 anni, e nel suo piccolo laboratorio di sartoria a Cossato, realizzato in uno dei rioni più antichi di Cossato, in cui spiccano i colori, dalle spolette di varie tonalità agli abiti.

«Pian piano mi sto attrezzando – dice -. Sono partita con pochissimo, acquistando tre macchine da cucire industriali da una macchinista che ha chiuso. Mi ha regalato il manichino, dei fili e delle stoffe. Col tempo ho comprato l’asse da stiro professionale. Ho iniziato così».

Come ti sei avvicinata all’attività?

«Premetto che mio papà è di origini siciliane; sua mamma Maria Rita Marrone, mia nonna, ha sempre cucito – dice ancora -. Faceva la sarta in casa, per la famiglia. Io, come si dice, le ho rubato il lavoro. Giocavo con i fili. È stato un approccio spontaneo.

Ho frequentato una scuola che non c’entra nulla, il Professionale di Mosso, indirizzo Sociale, e per qualche tempo ho lavorato nel settore. A un certo punto però ho pensato di andare a fare l’animatrice per una stagione e quando sono tornata a casa, ho cambiato la valigia e sono partita per la Sicilia, nella zona di Catania, per visitarla. Mio papà invece è di Alcamo, in provincia di Trapani.

Ho preso la decisione per staccare un po’ la spina. La zona mi è piaciuta e mi sono fermata, facendo lavoretti per mantenermi. A un certo punto però mi sono posta una domanda: cosa faccio? Lavorare nel sociale in Sicilia è impossibile.

Ho così conseguito un secondo diploma serale all’Ipsia, indirizzo Moda, mentre di giorno ho fatto pratica in sartoria. Ho poi seguito con la scuola un tirocinio in un atelier per spose. In seguito ho avuto una relazione e sono diventata mamma di una bimba. Il rapporto non è andato a buon fine e ho deciso di tornare a Cossato.

Tramite la Regione, ho frequentato un altro tirocinio in una sartoria di Pray, ricevendo l’attestato delle Competenze. Al termine la ditta avrebbe potuto assumermi, oppure avrei potuto avviare una mia attività. Io avevo già in mente il lavoro in proprio.

Nello stesso periodo è morta la nonna materna Ida Ordanini; il nonno, mancato in precedenza, si chiamava Giovanni Tagliani. C’è stata così l’occasione di acquisire la sua casa nel rione storico, il cui ingresso principale è su via Martiri della Libertà, ma dà anche su via Tarino. L’ho ristrutturata con l’aiuto di papà e di tanti amici.

In origine lo stabile era un laboratorio in cui facevano le ceste in vimini. Ho creato un mio spazio accogliente, cercando di distinguermi da altre sartorie e di dare un servizio fatto di consigli sui lavori da eseguire per ottenere il risultato ottimale, altrimenti non procedo.

Cerco le soluzioni per risparmiare e per rispettare il capo originale. Dipingo su stoffa. Metto il mio lato creativo per non fare la solita riparazione. Sono qui da tre anni e mezzo e sono molto soddisfatta. Sono cresciuta professionalmente, perché è un mestiere in cui c’è sempre da imparare. Anche l’orlo è ogni volta diverso, dipende dal tessuto. Vengo messa alla prova. È un mettersi in gioco continuo».

Fare la sarta richiede competenza personale

«Ci metto molto del mio e cerco di collaborare con altre attività – conclude Samanta Filippi -. Non sono gelosa del mio lavoro. Se non posso dare un servizio, segnalo altre colleghe. C’è lavoro per tutti.

Conto sulla fiducia e spero di trasmettere la mia passione. Ogni sarta lavora con la propria impronta. La mia posizione è poco visibile, ma mi muovo con il passaparola e tutto avviene in modo spontaneo e sincero.

Quando poi arrivano vestiti elaborati per me è soddisfazione. Ho avuto l’opportunità di portare capi miei alle sfilate di moda allestite da Confartigianato al teatro Sociale di Biella e a Sanremo».

Samanta spilla orgoglio; entrare nel suo piccolo laboratorio è varcare una soglia che ha un non so che di magico, un mondo suo, in cui prende vita la creatività.

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