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Ricordati come “I Baggio del Drink Shop” sono stati dei pionieri nel settore dei supermercati

«Abbiamo lavorato tanto con tutti, erano altri tempi»

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COSSATOAntonio Baggio, classe 1931, è stato uno dei pionieri in città nel comparto dei supermercati. Ce ne parla il figlio Alberto, 66 anni, con cui ha sempre lavorato.

«Papà ha iniziato con un negozio di alimentari alla frazione Falcero di Vallemosso alla fine degli anni Cinquanta – spiega -. Nel 1966 ha acquistato casa a Cossato, in via XXV Aprile, e ha vissuto una breve esperienza nel tessile. Nel 1968 ha acquistato una rivendita di vini e liquori in via Trento e lì è rimasto fino al 1978. Io ho iniziato a lavorare con lui nel 1970. Eravamo anche grossisti di bevande. Siamo stati fra i primi a proporre le confezioni regalo personalizzate nel periodo natalizio, un’idea vista in una fiera a Milano. Nel frattempo avevamo costruito un capannone. Nel 1976 ho prestato servizio militare a Rivoli e un amico rappresentante, accompagnandomi, mi aveva portato a visitare un magazzino di vendita che si chiamava “Drink shop center”. Un mercoledì pomeriggio, giorno di chiusura del nostro negozio, l’ho mostrato a mio padre. Uscendo gli ho detto che avremmo dovuto avviarne uno anche noi. Lui mi aveva risposto: “Tu sei matto come un cavallo”. Morale, qualche mese dopo, un sabato mattina, l’ho trovato ad aspettarmi vicino al ponte di via XXV Aprile con una persona che ci proponeva di acquistare il terreno in cui avremmo poi costruito. Dopo il servizio militare, abbiamo iniziato i lavori. A quei tempi era un prato in discesa che finiva nel torrente Strona. Un’impresa di escavazioni ci portava materiale di recupero per rialzare il terreno, livellandolo come appare oggi. Abbiamo realizzato un capannone con scaffali in ferro tipo “cash and carry” ed è partita la seconda avventura, continuando l’attività all’ingrosso. Si chiamava “Drink shop”, e ci tengo a dire che c’era anche mio fratello Federico, entrato nell’attività nel 1979/80. Siamo diventati un punto di riferimento per vini e liquori di qualità. Abbiamo lavorato tanto con tutti».

Con le richieste dei clienti, i Baggio hanno iniziato a inserire prodotti alimentari di base, come pasta, zucchero, caffè e scatolame.
«In seguito abbiamo introdotto alimenti freschi e diversi altri articoli. Nel 1982 abbiamo incontrato un rappresentante della grande distribuzione che ci ha portati a visitare altre strutture e da allora abbiamo parlato di supermercato, raddoppiando la metratura del capannone e adottando soluzioni innovative per quegli anni, come un impianto di riscaldamento a pavimento e un sistema computerizzato che funzionava con codici nostri. Siamo stati fra i primi a fare un supermercato completo, dai banchi serviti ai casalinghi, al materiale scolastico e al cibo per animali. Ancora oggi sono conosciuto come il Baggio del Drink Shop. Ho terminato l’attività il 31 dicembre 2010, dopo la disavventura del ponte chiuso per rifacimento nel 2007, un capitolo che ha portato grossi disagi nella mia vita. Avevamo anche tentato di aprire di domenica, come avveniva a Quaregna, ma il permesso non è stato concesso se non dopo l’apertura di altri supermercati in città».
«Abbiamo lavorato e dato lavoro a una cinquantina di persone nei punti vendita che sono arrivati a essere tre, a Candelo, a Cossato e a Biella.

Papà mi ha insegnato tutto, anche se litigavamo spesso perché cercava di frenare le mie iniziative. Intanto stavamo insieme dalle 7.30 fino alle 20 e non era uno con cui si finiva a tarallucci e vino. Bastava un’occhiata che già sapevo che ritmo pigliare. All’inizio scaricavo dal camion le cassette in legno dell’acqua che pesavano quasi più di me». «Papà mi ha insegnato a capire le esigenze del cliente. Oggi mi trovo dall’altra parte della scrivania, sono responsabile commerciale, sempre nel settore, e la mia esperienza è considerata. Papà è mancato nel 2011. Mamma Marisa invece ha sempre lavorato come ragioniera in un lanificio».

«Mi è capitato di ritornare in quello che è stato il nostro capannone e ho pensato al lavoro che avevamo fatto. Ho toccato il pavimento e mi è venuto da piangere. Sono dovuto uscire. Non bisognerebbe mai innamorarsi troppo del proprio lavoro, ma si può sempre ricominciare, mai mulé, mai arrendersi».

 

Anna Arietti

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