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Ricchi di ciò che fummo, non di quel che siamo

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BIELLA – Stiamo vivendo sui fasti passati. Su quelli che, quando c’erano, non parevano fasti e a insinuarlo si rischiava di imbattersi nel solito medio imprenditore che scuoteva il capo, negando sia la ricchezza sia i consumi. Eppure, ancora oggi, secondo l’ultima indagine del Sole 24Ore, Biella è al secondo posto in Italia proprio per ricchezza e consumi (preceduta solo da Bologna). Ed è l’unica voce che pone il nostro capoluogo nei piani più alti della speciale classifica nazionale.

Siamo infatti al 68° posto per ambiente e servizi, nonostante il verdeggiar dei piani e l’ubere convalle, nonchè una raccolta differenziata dei rifiuti che parrebbe molto incoraggiante; siamo 66esimi per affari e lavoro (quali affari e quale lavoro visto che il dato successivo ci pone al 98° posto per demografia e società, che tradotto significa che siamo vecchi e stanchi); non malaccio giustizia e sicurezza (siamo 36esimi, potrebbe andare meglio ma, si sa, dove c’è ricchezza ci sono anche i ladri) e siamo 55esimi per cultura e tempo libero (vivendo forse un po’ di rendita sull’onda del riconoscimento di Biella quale città creativa Unesco; quando ci si accorgerà che l’Unesco dà tante pacche sulle spalle, ma non un solo euro, retrocederemo).

Il quadro complessivo che ne esce, anche alla luce di svariati altri indicatori, è quello di un capoluogo che di soldi ne ha molti, ma nei forzieri delle banche e senza alcuno slancio verso qualsivoglia investimento, a riprova del fatto che la ricchezza riguarda coloro che negli anni d’oro del tessile accumularono fortune e che oggi sono persone anziane. Sono però quelle le categorie che stanno tuttora gestendo grossi capitali, visto che le pensioni medie di vecchiaia nel Biellese oscillano intorno al 1.200 euro mensili (non sono certo pensioni d’oro) e l’occupazione non decolla.

Molti dei loro figli e nipoti, o hanno eroso i capitali o se ne sono andati a cercar fortuna lontano da Biella, città che ha ben poco da offrire (ma forse anch’essi hanno poco da offrire al capoluogo delle loro origini). Culturalmente siamo scarsini, lo sapevamo, ma la cultura mercenaria non porta lontano e qui si preferisce pagare a caro prezzo la manovalanza “amica”, lasciando cadere le idee. Nella classifica generale siamo al 57° posto su 107 capoluoghi ed in Piemonte precediamo Asti e Alessandria; rispetto al 2019 abbiamo però perso due posizioni, ma Novara ne ha perse quattro e Vercelli è appena lì davanti a noi, al 53° posto.

Siamo un capoluogo da centro classifica, né malissimo né benissimo, in quell’anonimato che in fondo ci è sempre tanto piaciuto. Quello che è all’origine dei nostri stenti.

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