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Recuperare il nostro territorio usando la bellezza come criterio

Fra le righe, la rubrica di Enrico Neiretti

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Il progetto di riqualificazione dell’area dell’ex lanificio Rivetti ha già suscitato molte discussioni. Se ne è parlato parecchio nelle settimane e nei mesi scorsi, soprattutto in merito all’idea di destinare il sito ad un altro – l’ennesimo – centro commerciale.

Se ne è parlato soprattutto in funzione dell’impatto che una nuova grande struttura di questo tipo avrebbe sull’assetto del tessuto commerciale della città di Biella, già provato dalle passate realizzazioni di certe cittadelle dello shopping sorte in periferia e assediato da una situazione economica generale tutt’altro che florida.

E se ne è parlato -ho letto il resoconto su alcuni siti di informazione- anche a margine della cerimonia di premiazione del Premio “+bellezza in Valle”, che si è tenuta l’8 ottobre a Palazzo Gromo Losa.

Tra i vari ospiti era presente anche il vice presidente del FAI -Fondo Ambiente Italiano- Maurizio Rivolta, che ha espresso un parere molto critico rispetto al progetto.

Rivolta, riferendosi al contesto del premio che punta al riconoscimento dei progetti di valorizzazione territoriale, ha richiamato esplicitamente il concetto di bellezza: «Ora, certo, quella è una zona industriale che va recuperata però c’è il torrente Cervo sotto, c’è un’area agricola subito dopo il torrente, bene… si può recuperare con intelligenza, usando proprio la bellezza come criterio».

Ecco, in questi tempi così difficili ed angoscianti, in questa fase piena di contraddizioni sociali che stanno per esplodere, parlare di bellezza può apparire come una provocazione o un lusso che non ci si può permettere. Una sorta di “mangino brioches” declinata nel dibattito sul vivere sociale.

Lo so, la tentazione di liquidare la riflessione sulla bellezza in questo modo è forte. Io invece credo che il concetto di bellezza, applicato non soltanto alla progettazione territoriale ma a tutti i contesti di definizione delle attività umane, sia un passaggio fondamentale per evitare di ripetere errori che hanno depauperato il territorio, le abilità professionali, il senso di appartenenza e di socialità.

La bellezza non è la dimensione del superfluo. La bellezza non è inutilità decorativa. La bellezza non è ostentazione di lusso. Queste sono deviazioni avariate di una dimensione che invece appartiene a tutti, che regola la vita personale e sociale. Laddove la bellezza diventa la stella polare dell’azione umana i risultati si fanno tangibili, durevoli e quindi autenticamente utili. La scelta di puntare invece su una presunta utilità immediata, magari nascondendo le brutture con maschere posticce che con la bellezza non hanno niente a che fare, non produce mai risultati positivi.

Basta farsi un giro per il territorio per capirlo: ci sono tanti luoghi la cui bellezza si mostra viva nonostante il passare del tempo; una bellezza che racconta visione nella progettazione, abilità nella realizzazione, valorizzazione delle capacità umane, rispetto del paesaggio. E altri invece, in cui una visione poco ispirata ha prodotto danni, brutture ed una velocissima obsolescenza di ciò che si è incautamente realizzato.

La bellezza non è affatto una dimensione slegata dal bisogno, non è mai un orpello. La bellezza è un elemento connaturato alla vita, una profonda forma di rispetto, uno dei requisiti fondanti per dare alle opere e alle azioni un carattere davvero utile e durevole. Sempre, in tutto ciò che si fa.

Enrico Neiretti

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