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«Mio padre ha lottato per oltre 10 anni contro la Sla, per chi soffre di questo male bisogna fare di più»

Veronica Bonardi racconta il calvario di suo papà Fabrizio, morto a dicembre al termine di una lunga battaglia

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BIELLA – È morto all’età di 65 anni Fabrizio Bonardi, a cui avevano diagnosticato, da ormai oltre dieci anni, la SLA. Un triste destino che accomuna molte persone che soffrono della medesima malattia neurodegenerativa poiché attualmente non esistono terapie farmacologiche efficaci in grado di arrestare o rallentare significativamente la progressione della malattia. Inoltre non sempre la rete territoriale di assistenza riesce a fornire il supporto che i pazienti vorrebbero.
Giovedì 27, in ricordo di Fabrizio a un mese dalla sua scomparsa, è stata detta una messa nella chiesa di San Biagio a Biella.

«Mio padre ha lottato fino all’ultimo – afferma la figlia Veronica -, vorrei che questa sua battaglia fosse oggetto di riflessione affinché sul Biellese si possa fare di più».

Quella di Fabrizio Bonardi è una storia travagliata, cominciata esattamente tredici anni fa.
«Correva l’anno 2009 quando mio padre ha iniziato ad accusare i primi sintomi – racconta Veronica -, aveva anche altre problematiche e qui a Biella in una prima fase non erano riusciti a decifrare bene questo suo malessere. In un momento di disperazione abbiamo deciso di portarlo a Novara, dove è stato subito ricoverato per via di un’ischemia. Da lì gli hanno fatto una risonanza e poi è arrivato il responso: malattia del motoneurone. Inizialmente non sapevamo cosa fosse, poi quando l’hanno mandato nel primo centro per SLA abbiamo capito».

Presto i medici comprendono che la sua situazione è più complicata del previsto e decidono di mandarlo a Torino dal dottor Chiò, uno dei massimi esperti in Neurologia e Neurofisiologia Clinica.
«È stata dura – prosegue la figlia – perché in quel periodo continuavamo a fare su e giù e questa cosa debilitava mio padre, si stancava molto. A Biella, nell’ospedale nuovo, ci sono tanti bravi medici, ma purtroppo servirebbero più specialisti del settore neurologico, anche perché nel nostro territorio ci sono tante persone affette da malattie degenerative importanti che avrebbero bisogno di più sostegno». «Bisognerebbe limitare il più possibile gli spostamenti agli ammalati – aggiunge -, per problemi così gravi dovrebbe funzionare una rete a domicilio: la telemedicina. Quando il malato non ce la fa più, dovrebbe essere la sanità che va da lui, non viceversa».

Con una media giornaliera di venti pastiglie e una buona dose di morfina, Fabrizio prosegue la sua battaglia stanco e dolorante, ma nel 2019 arriva una bella sorpresa: nasce la nipotina Ginevra, un raggio di sole in grado di portargli tanta luce e speranza. «Ora ho un motivo in più per resistere e vivere» confida alla figlia Oss, titolo conseguito con l’intento di acquisire le competenze per aiutare ed accudire il padre.
La situazione sembra stabile fino al 2020, quando l’arrivo del Covid complica ulteriormente le cose. «Il focus totale su questo virus – racconta Veronica – ha portato ad emarginare altre problematiche, provocando arresti e ritardi, ma soprattutto limitando la possibilità di monitorare e capire l’evoluzione di altre patologie come quelle che aveva mio padre. C’è stato un isolamento dai dottori e dalle cure, oltre che dalle persone a lui care. Da un punto di vista psicologico tutto ciò ha avuto un impatto notevole».

«Nonostante la malattia – conclude -, la sua morte è stata per tutti un fulmine a ciel sereno. Ci tengo particolarmente a ringraziare l’ADI (Assistenza Domiciliare Integrata), la Croce Rossa di Biella e alcuni dottori, tra cui Pessina, Zublena, Zanotti, Maffeo, Rusca, Durante e il medico che ha cercato di salvare mio padre quando è stato ricoverato il 26 di dicembre, di cui non ricordo il nome, ma a cui sono molto riconoscente. Spero che la sua storia porti ulteriori elementi affinché ci sia un dibattito costruttivo sulle migliorie che possono essere apportate in ambito terapeutico ed assistenziale. Porterò nel cuore il ricordo di mio papà: un uomo buono, altruista e solare, sempre con il sorriso e la battuta pronta, nonostante il dolore e tutte le difficoltà della vita. Una persona brillante e forte, che fino al giorno prima della sua morte ha costantemente avuto una parola di speranza e coraggio come padre, nonno e suocero».

 

Sofia Parola

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