Attualità
L’insostenibile retorica della sostenibilità
Gli Sbiellati: una rubrica per tentare di guardarci allo specchio e non piacerci
BIELLA – “Eccoci a parlare di strumenti di sviluppo sostenibile come il commercio equosolidale, la finanza etica, il consumo critico, il rispetto per l’ambiente, l’utilizzo di fonti energetiche rinnovabili, l’adozione di criteri di qualità sociale per le imprese.”
No, non è la lista di buone intenzioni che segue allo squillar di trombe…più e meno istituzionali, con il quale s’annuncia, per il prossimo ottobre, il primo Forum della sostenibilità a cura dell’associazione Biella città creativa Unesco. Quelle tre righe di citazione vengono da un documento word rintracciato nel mio hard disk ed estratte dalla presentazione dell’edizione 2003 di EquaMente (18 anni fa…), un appuntamento annuale che per una decina d’anni, a partire dalla seconda metà degli anni ’90, sono fiero di aver contribuito a realizzare con un manipolo di belle persone animate dalla voglia e dalla necessità di avviare allora un dibattito sulla… sostenibilità!
Fu soltanto una delle tante manifestazioni utili che questo territorio si perse per strada, incapace di consolidarne e strutturarne la proposta. Al tempo dalla politica locale rimediammo pacche sulle spalle, alcune anche sincere, e l’attenzione che si riserva a un figlio problematico, tacciato d’adolescente idealismo. Anche se adolescenti non lo eravamo di certo e per una decina di giorni, curiosamente nello stesso periodo indicato per il neonascente Forum, riempivamo la città di mostre, dibattiti, proiezioni, concerti e spettacoli sul tema.
Potrebbe essere consolatorio pensare d’aver seminato un’idea che, a distanza di vent’anni, s’è decisa a germogliare. Ma mi sa che non sia così. Mi sa, invece, di un’insostenibile leggerezza dell’apparire, più che dell’essere, sostenibili.
C’è un neologismo, che ben descrive quest’attitudine: green washing. Di solito impiegato per stigmatizzare un marketing aziendale bugiardo, che s’accoda alla sensibilità generale del consumatore spacciandola invece come una propria culturale priorità. Un’operazione di facciata insomma, utile a non perdere quote di un mercato che si va facendo via via più consapevole. Se qualcosa di peculiare ci deve essere, in questa faccenda molto biellese, a prima vista sembra proprio essere l’applicazione del green washing al marketing territoriale: somiglia più a una canzone di Venditti, piuttosto che a un romanzo di Kundera.
È un momento storico in cui l’aggettivo “sostenibile” è più di moda dello Swatch negli anni ’90, più cool di un tatuaggio discreto, più inevitabile di un selfie compiaciuto: l’”amico estetico” a cui accompagnarsi a ogni sortita pubblica. La mutazione da “Biella città della moda” in “Biella città della moda sostenibile” è recente e rende l’idea.
Non so se è più buffo o inevitabile il fatto che tutta questa frenesia si sviluppi in un territorio che, storicamente, è stato tra i meno sostenibili d’Italia: il nostro skyline era costellato da ciminiere, ora divenute orgoglioso simbolo locale, e la nostra idrografia colorata a giorni alterni a seconda delle esigenze tintorie. Oltre al fatto che i nostri torrenti sono rimasti, e spesso sono ancora, inaccessibili grazie all’invadenza arrogante – e necessaria, si capisce – degli stabili industriali o ex tali. Del resto si sa che la lungimiranza non è dote che sembra appartenerci.
Meglio tardi che mai potrebbe essere la più ottimistica tra le letture possibili dell’iniziativa in cantiere e già più volte annunciata. Quella che preoccupa, però, è la dichiarazione d’intenti, comunicata a mezzo stampa, da cui traspare l’intenzione di fare di questo Forum (poi anche “festival”, termine ampiamente abusato a ogni latitudine per ogni genere di manifestazione) non un luogo di dibattito cittadino, ma una sterile passerella di “città creative Unesco italiane, rappresentanti della Commissione nazionale e della direzione Unesco e una lunga serie di esponenti del mondo accademico, dell’imprenditoria e della finanza”.
Perseguendo così l’insostenibile retorica della sostenibilità. Tutto questo in una città in cui ci si batte politicamente contro le piste ciclabili e, contemporaneamente, per una mobilità sostenibile con invidiabile sprezzo del ridicolo.
Lele Ghisio
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