Attualità
«Le nostre case: caverne di primitivi oppure grotte di uomini saggi?»
Perché l’uomo è tanto intelligente da farsi sfuggire l’essenziale della vita?! Perché l’essenziale non lo si vede con gli occhi del calcolo, dell’indagine, della critica. L’essenziale brilla allo sguardo interiore e dona profondità di vedute, dona occhi per guardare l’orizzonte leggendo la storia nel suo complesso, non sezionandola nell’oggi fatto di contrapposizioni – come direbbe la Bibbia, leggendo l’oggi “fra litigi e alterchi”-.
Ci prepariamo a riprendere vita. Stiamo riprendendo vita entrando nella “fase 2” di questo periodo così particolare che ci è capitato addosso “tra capo e collo” i primi mesi di questo anno.
Ci prepariamo a muoverci con libertà. Ci nascono nel cuore alcune riflessioni che vogliamo condividere:
E’ vero che lo stare stretti ci ha cambiato la vita, ma abbiamo continuato a vivere. Oppure la nostra vita è legata a ritmi, abitudini, prassi senza le quali non ci sentiamo “vivi”?
Non parliamo certo dell’urgenza del lavoro. Non parliamo certo della sofferenza di chi in questo periodo di quarantena ha perso i suoi parenti e amici. Situazioni queste che suscitano un rispetto e un silenzio carico di preghiera da parte nostra. Proviamo invece un po’ con ironia a “pizzicare” quanti hanno fatto dell’effimero il loro essenziale, sentendosi poi persi, soli, smarriti quando l’effimero si è volatilizzato perché impedito dalla “legge”.
Ci sono state persone che nelle grandi città pur di non rinunciare all’abitudine della colazione con brioche e cappuccino, sono usciti per recarsi ai bar aperti degli ospedali. L’effimero diventa essenziale e neanche un virus letale può in questo caso fermarmi!
Lo stretto ci ha cambiato la vita. Potremmo anche dire: lo stretto ci ha aguzzato lo sguardo. Su di noi. Sugli altri. Sul mondo. Come vogliamo riprendere la normalità della libertà di movimento?
Possiamo uscire dalle nostre case come i primi uomini dalle loro caverne: abbruttiti, ancora più intolleranti, con la clava in mano, pronti a dare colpi a tutti, dando sfogo ai nostri istinti per compensare il tempo perduto.
Oppure possiamo uscire dalle nostre case come le figure sagge dei primi secoli del cristianesimo: uomini e donne che dopo essersi ritirati in alcune grotte nel deserto, tornando nelle città, condividevano il pane della saggezza acquisita nel tempo del loro eremitaggio in solitudine.
La sfida dell’oggi è questa: uscire dalle case con una clava in mano oppure con un cuore in mano e una mente illuminata. Da questo dipenderà la ripresa del lavoro, della famiglia, della società intera perché allenati nel “chiuso” a cogliere l’Essenziale, sapremo riconoscerlo e perseguirlo anche fuori.
Per i credenti c’è stata poi la sfida di porsi allo specchio e chiedersi: ma io in chi credo? E’ crollato tutto: nessuna celebrazione, nessun incontro di catechesi, nessuna veglia di preghiera. I sacramenti ci sono stati “tolti” e io mi sento svuotato.
Sorella, fratello, aguzza il tuo sguardo interiore e vedrai una Comunità di fede che è viva, pulsante, perché come un tralcio nella vita attinge linfa vitale direttamente da Cristo, con un linguaggio un po’ provocatorio potremmo dire così: avevamo rinchiuso Gesù nel tabernacolo, lo avevamo “limitato” nell’Eucarestia, ora noi siamo “chiusi” e Lui è “libero”. Prima noi andavamo da Lui, assemblea convocata, ora Lui viene da noi, bussa alle porte delle nostre case, vive la nostra irritante quotidianità, spezza il pane su ogni tavola domestica.
Torneremo alle celebrazioni comunitarie? Sì, perché la nostra è fede di fratelli e sorelle insieme, ma riconosciamo che questo modo costretto di vivere la fede in modo diverso, ha fatto emergere quanto dobbiamo approfondire: come singolo credente, come comunità di vita, come Chiesa. Dio si è manifestato nel Figlio Gesù, chi va a Gesù ha la vita eterna e arriva al Padre. Gesù per andare al Padre lo ama e fa sempre ciò che Lui – il Padre – vuole. Se noi in Gesù e con Gesù desideriamo fare, volere e amare la volontà buona del Padre, ecco che siamo con Lui eucarestia, cioè ringraziamento, lode.
E poi tutti, credenti e non credenti, prendiamo la scorciatoia, la via ciottolosa della carità! Saremo certi che questa ci porterà verso orizzonti di crescita universale. Possiamo essere gli uni per gli altri segno di un Amore che ci guarda tutti con benevolenza; possiamo tutti portare la speranza nel cuore di chi ci sta accanto.
Quando usciremo dalle nostre case facciamolo con il cuore aperto e non con la clava in mano! E ora chi non può uscire continui a vivere lo stare “stretto” come un allenamento, non come una perdita di tempo, anche se ci occupiamo nella giornata di cose piccole, apparentemente insignificanti, stiamo costruendo il nostro futuro, il futuro delle generazioni che contano sulla nostra vera saggezza.
Da queste pagine cogliamo l’occasione per esprimere il nostro grazie fraterno a quanti nei mesi scorsi avevano aderito al nostro appello per l’operazione “sacchetto pellet”: abbiamo visto la bontà concretizzarsi e permetterci di scaldare il Monastero! La nostra continua e calda preghiera vi segue tutti in questa nuova temperata primavera!
Le vostre Sorelle Carmelitane
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