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Le dighe possono aspettare

Pausa caffè, la rubrica di Giorgio Pezzana

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Bollettino di guerra del fine settimana a Biella. Intanto la notizia della scarcerazione del marito dell’influencer Siu, italo-marocchina residente a Chiavazza, appena uscita dal coma, che sta scatenando polemiche a livello nazionale

Un giorno l’avvocato Luigi Squillario, all’epoca sindaco di Biella, mi disse: “Non v’è alcun dubbio che mi fa piacere ogni qual volta un imprenditore o qualche persona facoltosa offre somme consistenti al Santuario di Oropa, per la facciata della Basilica antica, per le cappelle, per la sistemazione delle coperture del chiostro… ma ci sarebbe un intervento più urgente di qualunque altro e sarebbe la sistemazione del sistema fognario del Santuario. Comprendo bene quanto un simile intervento sia poco gratificante dal punto di vista del ritorno d’immagine, ma questa oggi è la vera emergenza con la quale dobbiamo confrontarci”.

Mi sono tornate alla mente queste parole nel difficile periodo di siccità che stiamo attraversando. Non è un segreto che nel Biellese, a causa degli impianti idrici fatiscenti, vada disperso il 30% dell’acqua erogata dagli acquedotti. E quella che si registra nel Biellese non è neppure la situazione peggiore. Vi sono Comuni in alcuni angoli d’Italia che arrivano ad una dispersione del 42% ed oltre. Ma anziché pensare ad un ripristino degli impianti, che ovviamente darebbe pochissimo ritorno di immagine alle amministrazioni, qui si parla di dighe, cioè di lavori faraonici di grande impatto visivo.

Ed intorno alle dighe sappiamo quali e quante polemiche si siano intrecciate in questi anni. E quali e quanti interessi muovono chi vorrebbe nuove dighe ad ogni piè sospinto, mentre nessuno parla mai di un serio ripristino degli acquedotti del territorio. In realtà, il problema vero delle dighe, non sono le dighe. Per quanto gli invasi possano rappresentare un depauperamento ambientale ed un remoto potenziale pericolo (non abbiamo ancora del tutto dimenticato le tragiche immagini del Vajont) il motivo di apprensione vero è rappresentato dagli appalti, dalle grandi manovre che dietro alle quinte troppo spesso vedono attori non sempre raccomandabili, dall’incapacità che le nostre amministrazione avrebbero nel gestire questi attori, più avvezzi al malaffare che non ad un reale sviluppo del sistema infrastrutturale.

Cominciamo a pensare a come recuperare quel 30% di dispersione che già rappresenterebbe un bel risparmio idrico e confidiamo in un prosieguo della stagione più clemente. Le dighe possono aspettare. Non avrebbe senso impreziosire con costosi gioielli un abito perforato dalle tarme.

Giorgio Pezzana

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