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«La vita da pendolare è un incubo»

Lo sfogo di una studentessa: «Ritardi tutti i giorni, non si può vivere così. Cercherò una casa altrove»

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la vita da pendolare è un incubo

«La vita da pendolare è un incubo. Adesso basta, non ne posso più di vivere così. Cerco un appartamento e me ne vado da Biella».

Lo sfogo arriva da una giovane pendolare, una delle tante che ci aggiornano sull’odissea quasi quotidiana per raggiungere università e lavoro a Torino o Milano.

«La vita da pendolare è un incubo»

Nei giorni scorsi, dopo l’ennesimo inaccettabile ritardo, ci ha scritto per raccontarci che aveva deciso di andarsene. «Ora cerco una casa – si legge nel suo amaro sfogo – perché non è possibile metterci tutti i giorni tre ore, non è proprio compatibile con una vita sana. Sarà un mio limite, ci ho provato a lungo, ma non ce la faccio più, impazzisco. Da domani mi metto a cercare: in un modo o nell’altro entro novembre me ne voglio andare da Biella».

La goccia che ha fatto traboccare il vaso è arrivata nel pomeriggio, quando si è verificata una situazione che ormai è quasi la normalità.

La studentessa avrebbe dovuto prendere il treno delle 17.40 da Milano. Avrebbe, appunto. Perché poco prima delle 18 il tabellone ha segnalato 20 minuti di ritardo, rapidamente saliti a 30. Mezz’ora di ritardo, quando devi fare scalo a Santhià o a Novara, significa quasi sempre perdere la coincidenza. «Spesso e “volentieri” – racconta la ragazza – per arrivare da Milano a Biella impiego quasi tre ore. In tre ore, con l’alta velocità, arrivi a Roma… Basta, mi arrendo».

La sua resa è anche la resa di un territorio, il nostro, che pur avendo un vitale bisogno di giovani, lascia scappare quei pochi che ha. Si parla e si scrive da anni della vergognosa situazione dei collegamenti ferroviari di Biella, unica provincia piemontese che non ha un numero dignitoso di treni diretti per Torino o per Milano. Abbiamo ministri, sottosegretari, parlamentari, assessori regionali… così tanti rappresentanti biellesi da perdere il conto. Eppure, evidentemente, non basta.

Anche negli ultimi giorni il tema ha tenuto banco nel mondo politico locale. E allora tornano alla mente De Andrè e “Don Raffaè”: lo Stato che fa? Si costerna, s’indigna, s’impegna. Poi getta la spugna con gran dignità.

LEGGI ANCHE: La dura vita del pendolare biellese: «Quasi 40 minuti di ritardo già sulla corsa delle 6.24»

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1 Commento

1 Commento

  1. deuterium

    28 Ottobre 2024 at 11:40

    In 50 anni si sono solo fatte chiacchiere per favorire l’industria automotive della “famiglia di Torino”. Ora abbiamo carenze infrastrutturali abissali rispetto alla Germania in ambito ferroviario. La ferrovia Torino – Milano dovrebbe essere almeno a 4 linee (se non c’è lo spazio prevedere una linea parallela alla storica: non ci sono tracce sufficienti per far passare tutti i treni necessari. Le frequenze pendolari andrebbero raddoppiate se non triplicate. Il trasporto pubblico, se non c’è un forte investimento, è solo un bluff. Per questo la gente usa le auto, per il pessimo servizio del trasporto pubblico e gli orari impossibili. Ora con il “fanatismo green” la gente ha meno possibilità di comprare le auto (costi iperbolici) e i mezzi pubblici sono scadenti,che fa? Deve cambiare città? Andare nelle megalopoli dove la sera è rischioso uscire di casa e dove il costo della vita è più elevato? La nostra classe politica per chi lavora? Per gli italiani o per i potentati stranieri? Il sospetto che siamo davanti ad una “demolizione controllata” del nostro paese è più che fondato davanti a tali fatti. Una sola cosa..vergognatevi.

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