Attualità
La strana coppia di Pulcinella
Gli sbiellati, la rubrica di Lele Ghisio
Bella lì. In quest’epoca multimediale l’informazione ti salta addosso e rovina l’attesa di un Tg qualsiasi. Che poi chissà chi ancora li guarda, i Tg. Ma quando sei lì che fissi la parete con una pagina bianca di fronte, ancora ripiena del nulla che spesso affligge la cronaca di provincia, si verificano apparizioni che ti vien voglia di accendere candele ed esser grato della grazia ricevuta. Una sensazione che varrebbe quasi un ex voto da appendere all’ormai stantia galleria oropense.
Non è entusiasmo in eccesso, e nemmeno gioia procurata da altrui disgrazie. È soltanto l’allegorica descrizione di chi prova a raccontare una città di provincia attraverso le sue storture, i suoi passi falsi, i suoi probabili e improbabili personaggi e la sua sostanziale noia indifferente. Con l’ambizione di raccontarle un po’ tutte le città di provincia, da tanto che s’assomigliano nel loro percepirsi foriere di unicità.
Noi, ormai da tempo, viviamo di notorietà riflessa. Quella che ci procura un evento, di solito nefasto o scandalistico, o un personaggio assurto a una qualche pubblica visibilità nazionale: politici o artisti, in genere. Ci resta ancora qualche brand ben consolidato nel mercato del tessile di qualità, ma non abbiamo più nemmeno un mobilificio di riferimento che si faccia carico delle trasferte dei turisti provenienti dal resto d’Italia, isole comprese.
Ci è già toccato dire, e dimostrare, quanto a volte sia difficile andar fieri dei politici nazionali espressi dal territorio; di quanto sia spesso stato mal riposto l’entusiasmo gonfio di aspettative nei loro confronti per un partigiano tornaconto o anche perché si distinguessero sul piano del governo nazionale. Finora l’imbarazzo ha superato la soddisfazione anche perché provocato dal rumore dei fatti, certo, ma soprattutto perché ci lascia feriti nell’orgoglio.
Il siparietto messo in scena dalla strana coppia di deputati conviventi, che resta sempre meglio di conniventi, rimanda a suggestioni filmiche che nemmeno Walter Matthau e Jack Lemmon. Più commedia all’italiana che commedia, più fratelli Vanzina che Billy Wilder. Ma c’è poco da ridere. I più lesti avranno capito che mi riferisco al nostrano sottosegretario alla Giustizia e, per chi fosse interessato ai dettagli, le cronache dei fatti sono ben narrate altrove, in questo e in altri giornali cartacei o meno.
Qui c’è da dire che le delusioni più grosse sono arrivate dai politici locali di più lungo corso e prenderne atto. L’insostenibile leggerezza con la quale approcciano gli incarichi di governo è persino fastidiosa, tanto che forse è il caso di dire, parafrasando, che il potere logora chi ce l’ha. Nello specifico l’insostenibile arroganza di chi interpreta il proprio ruolo istituzionale a proprio uso e consumo politico, vanificando procedure consolidate e la rispettabilità di certi incarichi, che hanno come presupposto fondamentale la fiducia dei cittadini in chi li ricopre.
L’immagine che ci ritorna è quella di un sottosegretario alla Giustizia, biellese, e un vicepresidente del Copasir (Comitato parlamentare per la sicurezza della Repubblica: l’organo del Parlamento che esercita il controllo sull’operato dei servizi segreti italiani), toscano, che come studentelli fuori sede dividono l’appartamento romano, e noi li immaginiamo, mentre uno sparecchia e l’altro lava i piatti, che si confessano allegramente l’inconfessabile di cui sono venuti a conoscenza grazie ai loro incarichi. Col risultato che ora il segreto è meno segreto, che se l’anarchico è al 41bis (il regime di carcere duro) per non farlo comunicare col resto del mondo tanto vale, se sono i camerati di cameretta a rivelare al mondo ciò che dice (“compagni” di cameretta per due fratellini d’Italia mi sa che suona male).
Questione di opportunità, anche senza tirare in ballo la secretazione effettiva o meno. Tra l’altro, solo qualche settimana fa è stato lo stesso Sottosegretario a sottolineare la necessità di “contenere” i giornali rispetto alla rivelazione dei contenuti delle intercettazioni. Magari per averne l’esclusiva. O, più probabilmente, per esercitare ancora una volta la sua retorica così epica e aggressiva a favor di telecamera. La stessa esercitata ora per un’autodifesa a oltranza, con le unghie che graffiano gli specchi su cui s’arrampica.
Suscita qualche timore questa gestione disinvolta del potere, segno dei tempi e dell’arroganza da parvenu della politica: vi immaginate cosa avrebbero potuto dirsi, per poi divulgarlo senza senno, Andreotti e Cossiga se avessero condiviso un appartamento? I picconatori sarebbero stati almeno due. Un quotidiano nazionale, pubblicando una scheda biografica del nostro sottosegretario, lo descrive come proveniente da Gattinara, Val Sesia. Se zitti zitti contribuiamo a diffonderla ci può togliere dall’imbarazzo. E, comunque, tranquilli che dimenticheremo in fretta: adda venì Sanremo.
Lele Ghisio
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