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La gentilezza al potere

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Un comune limitrofo ha deliberato a favore della Gentilezza. È il primo in provincia, sui quattro o cinque a livello regionale e sulla cinquantina a livello nazionale, ad avere un assessore dedicato. Lo stimolo arriva da un’associazione canavesana che si è occupata di sensibilizzare le amministrazioni pubbliche sul territorio nazionale, in occasione della Giornata mondiale della Gentilezza celebrata qualche giorno fa.

La prima impressione è che la gentilezza sia donna: scorrendo l’elenco nazionale, si contano sulle dita di una mano le nomine declinate al maschile. E quella nostrana non fa che confermarlo. Quasi che quest’atteggiamento sia proprio cosa da femminucce e non da maschietti, in ben altri pensieri affaccendati. Meglio così, mi vien da dire. Che dalle donne, in campo amministrativo, abbiamo ancora parecchie cose da imparare. Anche se la statistica imporrebbe altre e più profonde riflessioni in merito.

La gentilezza non è sinonimo di debolezza, tutt’altro. La gentilezza gioca sempre all’attacco e mai in difesa. Si sa che arroganza e maleducazione nascondono molto altro, e rivelano sì le nostre debolezze. Era ora che se ne prendesse istituzionalmente atto. A patto che.

Che non sia un’iniziativa intrisa di peloso buonismo per pacificare le coscienze con un bollino blu. Che non si risolva con qualche domenica di gioco per i bimbi all’insegna del vogliamoci tutti bene. Ma che sia un atto amministrativo rivoluzionario, fondante di una nuova etica a cominciare dal rapporto tra amministrazione e cittadini. Che gli uffici pubblici spaccino gentilezza in ogni momento, attraverso buone pratiche di relazione con cui porsi all’utenza in ogni tipologia di contatto: sia questo personale che telefonico, o per corrispondenza. Che gli stessi amministratori e politici abbandonino i toni, a volte farseschi, di consigli comunali e campagne elettorali. Che siano, una buona volta, gentili ed esemplari. Perché troppo sovente gentilezza ed educazione mancano proprio alle istituzioni; mancano ai dipendenti pubblici nell’esercizio delle loro funzioni.

E lo so che generalizzare è un limite, lo so, ma con la realtà ci ho a che fare ogni giorno. Credo che chiunque di noi abbia vissuto la propria personale frustrazione perché non c’era abbastanza gentilezza nell’aria. So anche che il discorso vale viceversando. Ma se l’esempio non parte da un’istituzione che si dota di un assessorato alla gentilezza, è difficile che la si riceva gratis in cambio. Comincino quindi i comuni che hanno aderito all’iniziativa – quello nostrano compreso – a rendere obbligatoria questa disposizione dell’anima ai propri dipendenti e a cogliere appieno la possibilità rivoluzionaria della gentilezza. Che essere gentili rilassa il cuore e i muscoli facciali. E, in casi come questo, sbiellare – nel senso di essere meno ruvidi e biellesi del solito – fa bene.

Lele Ghisio

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